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Penati si dimette dalla segreteria politica di Bersani. Vendola su Twitter: con Fli non si vince

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2010 alle ore 15:44.

Filippo Penati, a capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, lascia l'incarico nazionale. La decisione segue quella di Maurizio Martina, Roberto Cornelli, Pierfrancesco Majorino e Francesco La Forgia, vertici milanesi del Pd, che ieri hanno rimesso il mandato agli organi direttivi del partito. Movente, per tutti, le primarie o meglio il loro risultato. Con Stefano Boeri, candidato sostenuto dai democratici, battutto di oltre cinque punti percentuali da Giuliano Pisapia.
La risposta di Pier Luigi Bersani non tarda ad arrivare. «È un gesto che gli fa onore, e che conferma la mia stima nei suoi confronti», dice il segretario, che prende atto della decisione di Penati «di rinunciare ad impegni operativi a livello nazionale, e di mettersi al servizio per un rilancio del centrosinistra a Milano e in Lombardia a sostegno del giovane gruppo dirigente lombardo».

In effetti quello di Penati è soprattutto un gesto di difesa del giovane vertice lombardo, di cui l'ex presidente della Provincia ha sposato le tesi quando hanno scelto Stefano Boeri come candidato alle primarie. Il dito ora è puntato proprio su quella decisione, sulla scelta di sostenere uno dei quattro candidati, posizione che secondo alcuni avrebbe potuto essere evitata. Filippo Penati ribadisce le ragioni di quella valutazione. «Ho condiviso e sostenuto la scelta compiuta dalla direzione provinciale milanese di candidare Stefano Boeri alle primarie per le comunali di Milano. Di fronte al risultato della consultazione di domenica scorsa e al dibattito che ne è seguito, credo sia necessaria una mia assunzione di responsabilità», dice l'ex presidente della Provincia di Milano.

Anche Penati, come hanno già fatto ieri Martina, Cornelli, Majorino e La Forgia, sottolinea la necessità di superare questa fase velocemente, per non nuocere alla campagna di Giuliano Pisapia. E chiede che al giovane gruppo dirigente locale sia riconfermata la fiducia. Perchè a loro, sostiene va «riconosciuto il merito di aver tenacemente voluto le primarie e di aver offerto ai milanesi l'opportunità di una vera partecipazione». L'ex presidente della Provincia è convinto che si possa vincere con Giuliano Pisapia e con lui «ora serve che il Pd sia in campo per battere Letizia Moratti». È per questa vittoria che, assicura, continuerà a lavorare «con passione e impegno».

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Tags Correlati: Elezioni | Filippo Penati | Francesco La Forgia | Gianfranco Fini | Giuliano Pisapia | Idv | Letizia Moratti | Lombardia | Nichi Vendola | Pd | PRC | Puglia | Sel | Stefano Boeri

 

Intanto i consiglieri comunali Pd hanno respinto le dimissioni di Pierfrancesco Majorino da capogruppo a Palazzo Marino. E ora gli occhi sono puntati sugli incontri di lunedì pomeriggio, quando si riuniranno la direzione regionale e quella provinciale. In molti si aspettano che sia Martina che Cornelli restino al loro posto, ma con alcune correzioni negli organi direttivi del partito. A partire dalle segreterie che potrebbero essere alleggerite, passando dai numerosi componenti attuali (una ventina) a un un gruppo ristretto di sei-sette persone, com'era per le segreterie di partito di una volta. L'ipotesi commissariamento non piace a nessuno: nuocerebbe all'immagine del partito con le comunali alle porte e poi chi scegliere come commissario in una situazione già abbastanza complicata? Ma c'è anche la gestione della campagna elettorale di Giuliano Pisapia. Su questo la richiesta potrebbe essere quella di allargare il suo comitato ad alcuni membri del Pd. Insomma il candidato a battere la Moratti dovrebbe saper includere nel suo messaggio anche coloro che adesso non si riconoscono in lui perché lo considerano troppo di sinistra.

Ma quello che più preoccupa, lo ammette anche Filippo Penati, resta la flessione dell'affluenza alle primarie, che si è fermata a quota 67.499 quando il partito stimava 100mila persone pronte al voto, senza contare che alle primarie del 2006 per la scelta del candidato sindaco parteciparono in 82mila. E su questo la resa dei conti nel Pd non è ancora chiusa. Alcuni imputano al partito di aver agito in ordine sparso, contribuendo a disorientare gli elettori, con esponenti democratici che hanno appoggiato candidati diversi, chi Pisapia, chi Boeri, chi Onida. E poi non c'è stata chiarezza: erano primarie di coalizione o del Pd? Perché hanno partecipato, oltre ai democratici, Sel e Federazione della Sinistra, ma l'Idv ne è rimasta fuori.

La questione politica diventa di spessore nazionale perché viene letta anche come un rafforzamento dell'ala vendoliana e della sinistra. Nichi Vendola è stato l'illustre supporter di Giuliano Pisapia, già deputato per Rifondazione Comunista, eletto come indipendente. E il governatore della Puglia si è già candidato alle primerie future per la leadership del Partito democratico. Ma in discussione ci sono anche possibili alleanze in vista di un nuovo governo. E su questo Vendola ribadisce, anche sul suo profilo Twitter, il proprio punto di vista: «Non si può vincere aprendo a Futuro a Libertà», perché Gianfranco Fini «cerca una fuoriuscita da Berlusconi, ma per fondare una destra europea laica e moderna. Il segnale che ci arriva da Milano è opposto: è la richiesta di rimettere in campo finalmente la sinistra». Vendola ripropone il suo modello Puglia: «Ho aperto all'alleanza al centro, a chi ci sta a lavorare sui contenuti. Ma nessuna cooptazione del campo avverso».

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