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Pisapia dopo le primarie: «Ora allarghiamo la coalizione». I vertici del Pd rimettono il mandato

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2010 alle ore 18:04.

Giuliano Pisapia riparte dalla sede del comitato organizzatore del Pd per rilanciare quella che definisce «la buona politica, di partecipazione vera che le primarie hanno inaugurato a Milano». E sottolinea quello che gli pare il valore aggiunto più evidente: «Il nostro candidato è stato deciso dalla base, quello del centrodestra dall'alto». Ora si ricomincia dal programma per il quale, chiarisce, «siamo aperti alla collaborazione di tutti coloro che in modi diversi hanno preso parte alle primarie: candidati, partiti, associazioni, comuni cittadini». La sfida è convincere anche gli elettori di centrodestra, quelli profondamente delusi dall'operato del sindaco di Milano, perché «Letizia Moratti è in una fase di aperta perdita di consenso».

Guarda il video del vincitore / Pisapia: «Ripartiamo con il Pd»

Le scaramucce con il Pd che ha appoggiato Boeri? «Da oggi – dice Pisapia – il passato è passato. Non mi guardo più indietro». Tanto che con gli altri candidati già si sono sentiti, per andare avanti insieme, assicura. Con Valerio Onida, in particolare «d'ora in avanti decideremo insieme il percorso». Nessun contatto, per ora, con il segretario nazionale del Partito democratico. In effetti la sua vittoria ha aperto tra i democratici, almeno a Milano, una fase di difficoltà. Il segretario metropolitano Roberto Cornelli, quello regionale Maurizio Martina, il capogruppo a Palazzo Marino, Pierfrancesco Majorino, e il coordinatore cittadino Francesco La Forgia in una conferenza stampa indetta un'ora prima nella sede del partito proprio di fonte al comitato da dove Pisapia ha convocato i giornalisti, hanno annunciato la remissione del loro mandato agli organi direttivi interni. Ma la questione, hanno promesso, sarà chiarita nel giro di una settimana, proprio per evitare contraccolpi sulla campagna di Pisapia, del quale il partito si mette a disposizione. Lui, da vincitore delle primarie, non vuole entrare nel merito dei dibattiti interni al Pd, ma chiarisce che fra pochi giorni «ragioneremo insieme per valutare quali passi fare per il futuro». Già annuncia però che il suo programma sarà una sintesi delle proposte dei diversi candidati alle primarie. Perché ora ciò che serve «è allargare la coalizione a chi ha preferito aspettare il risultato di questo voto per inziare un percorso comune». Il riferimento è all'Idv e ad altri piccole forze politiche, come il partito dei pensionati.

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Intanto il Pd fa i conti al suo interno con quello che definisce «un risultato inequivocabile». Ma il sostegno a Giuliano Pisapia, chiarisce Roberto Cornelli, non è in discussione. Anche perché «con le primarie è stato avviato un percorso che ha coinvolto tutte le forze del centrosinistra per una soluzione condivisa». La sconfitta di Boeri? «Il Pd – sottolinea il segretario metropolitano – ha costruito una candidatura sulla base di un progetto per la modernità, proponendo linguaggio e riti nuovi per la politica che forse non sono stati capiti da tutti». Il gruppo dirigente del partito si assume «la responsabilità politica di non aver saputo far passare questo progetto tra gli elettori di centrosinistra». Ma è anche convinto che sul risultato finale abbiano pesato alcuni pregiudizi che hanno trasformato le primarie in un test pro o contro la classe dirigente locale del Pd. Ora l'obiettivo principale resta riportare al voto chi non è andato alle primarie, riconquistare i delusi. «Perché un Partito democratico più forte serve anche a Pisapia». Insomma si lavora per il rilancio del Pd dentro al progetto di Pisapia. Stefano Boeri «deve restare in campo», dice Pierfrancesco Majorino, «perché rappresenta una novità importante per Milano». E la discussione interna al Pd non deve essere una zavorra per Pisapia, perché l'avvocato penalista è il candidato di tutti. «Ora spetta a lui il compito di tenere insieme la coalizione», sottolinea Maurizio Martina.

Pesa anche la bassa affluenza alle primarie che il partito aveva stimato su quota 100mila e che invece si è fermata a 67.499, decisamente sotto gli 82mila delle primarie del 2006. Colpa anche dei «toni assunti da personaggi del centrosinistra che ci hanno nuociuto – dice Cornelli – compresi certi settantenni rottamatori». Il riferimento è al costituzionalista Valerio Onida, che con il 13, 41% ha drenato voti a Stefano Boeri. «E' ovvio che se qualcuno corre porta via voti ad altri» risponde senza scomporsi Valerio Onida. Che ricorda come secondo alcuni la sua candidatura avrebbe potuto invece sottrarre consensi a Pisapia. Il costituzionalista sta pensando alla possibilità di una lista civica che appoggi il candidato sindaco di centrosinistra, ma ancora non c'è nulla di certo.

Secondo Onida sulla bassa affluenza ha pesato soprattutto l'assenza dei giovani presso i quali, dice «c'è ancora una forte diffidenza verso la politica». L'analisi di Giuliano Pisapia è diversa. Perché durante la campagna elettorale, dice l'avvocato, «c'è stata una forte partecipazione», quindi «meno votanti alle primarie non significa meno mobilitazione». E poi rispetto al 2006 la chiusura è stata anticipata di due ore. Cornelli sostiene che anche le primarie siano state viste come un rito "di palazzo" perché alcuni le hanno dipinte come un test interno, pro o contro il Pd e la sua classe dirigente. Di fatto la decisione assunta dai vertici locali del partito di rimettere il mandato conferma in parte questa tesi. E anche la vittoria di Pisapia, che premia una personalità apprezzata in tanti e diversi ambienti milanesi come pure il risultato, decisamente sopra le aspettative di Valerio Onida, che ha più volte auspicato un ricambio della classe politica, sembrano dire che in questa fase l'appoggio del Pd più che un valore aggiunto rischia di diventare un complicato ingombro.

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