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Gli Stati Uniti bersaglio indiretto

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2010 alle ore 12:32.

Non c'era solo l'isola di Yeonpyeong nel mirino dei cannoni nordcoreani che ieri hanno dato il via a una cruenta battaglia d'artiglieria. Come accadde nel marzo scorso con l'affondamento della corvetta Cheonan della marina di Seul, colpita secondo gli esperti della commissione d'inchiesta internazionale da un siluro cinese in dotazione ai sottomarini nordcoreani, anche la provocazione militare di ieri sembra voler colpire indirettamente gli Stati Uniti per evidenziarne l'incapacità di difendere i suoi alleati.

L'assenza di rappresaglie militari per il siluramento della Cheonan può aver spinto Pyongyang ad alzare il tiro mostrando un nuovo impianto di arricchimento dell'uranio utile a realizzare ordigni atomici e bombardando il territorio sudcoreano attribuendo poi alle forze di Seul la responsabilità del primo colpo. Molti analisti considerano le provocazioni nordcoreane tese ad alzare la posta economica in vista dell'ipotetica ripresa delle trattative sul programma nucleare ma sul piano strategico emergono anche valutazioni diverse che coinvolgono la forte influenza cinese sul regime.

Pyongyang sopravvive grazie agli aiuti economici cinesi e alimenta le forze armate con munizioni, armi e carburante provenienti da oltre il fiume Yalu. Nonostante anche ieri Pechino abbia definito «spiacevole» il bombardamento dell'isola di Yeonpyeong, pare evidente che le difficoltà statunitensi nel tutelare Seul favoriscono il disegno cinese di contrastare, evidenziandone i limiti, la supremazia di Washington in Asia. Nell'estate scorsa la Cina criticò duramente le manovre navali della Settima Flotta nel Mar Giallo, ritenute un'intrusione nella sua area di interesse e proprio in quel periodo Pechino confermò la messa a punto dei missili balistici Dong Feng 21D noti anche come "killer di portaerei", perché sarebbero la prima arma in grado di distruggere le grandi navi sulle quali si basa buona parte delle capacità militari d'intervento globale statunitense.

A irritare Pechino ha contribuito anche il rinnovato attivismo di Washington che negli ultimi mesi ha stretto accordi con l'ex nemico Vietnam, ha posto il veto alle rivendicazioni cinesi sulle isole Paracel e ha fornito nuovi jet F-16D, missili Patriot e sottomarini a Taiwan. La recente vendita di armi e tecnologie militari all'India e la "benedizione" di Washington ai più stretti rapporti strategici tra New Delhi e Tokyo rappresentano gli aspetti salienti della strategia dell'Amministrazione Usa che mira a saldare l'intesa con i paesi asiatici in funzione anti-cinese. Una linea che sta ottenendo buoni risultati e che ha contribuito a congelare le richieste di Tokyo per l'abbandono di alcune basi militari americane nell'arcipelago nipponico.

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Tags Correlati: Amministrazione | Asia | Forze Armate | Marina Militare | Stati Uniti d'America

 

L'aggressività del regime nordcoreano, che già arma di missili balistici Iran e Siria, ben si presta a mettere in luce i punti deboli di Washington che schiera in Corea 25mila militari e una settantina di jet ma non può scatenare rappresaglie militari contro Pyongyang. Oltre a possedere "la bomba", i nordcoreani hanno centinaia di missili e cannoni caricati con armi chimiche puntati su Seul, a pochi chilometri dal confine.
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