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Il sito di WikiLeaks denuncia un attacco informatico. La Casa Bianca trema per le rivelazioni in arrivo

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2010 alle ore 15:23.

Il sito di Wikileaks è finito sotto attacco informatico. Lo hanno annunciato domenica pomeriggio i responsabili, via Twitter. Tuttavia El Pais, Le Monde, Spiegel, Guardian e New York Times questa sera pubblicheranno ugualmente i documenti forniti da Wikileaks. Le imminenti rivelazioni del sito guidato da Julian Assange saranno «l'11 settembre della diplomazia mondiale» perché «faranno saltare tutti i rapporti di fiducia tra gli Stati», ha commentato nel pomeriggio il ministro degli Esteri Franco Frattini (a Doha in Qatar per la prima tappa di una lunga missione nel Golfo Persico) a poche ore dalla pubblicazione dei documenti americani dei quali precisa di non conoscere ancora il contenuto, ma che, secondo le prime anticipazioni riportate da siti e blog riguarderebbero tra l'altro i giudizi della diplomazia Usa su Merkel, Sarkozy, Berlusconi, Putin e Gheddafi.

di Christian Rocca

La Casa Bianca di Barack Obama, le cancellerie internazionali e le redazioni di tutto il mondo attendono l'ultima fuga di notizie (leaks) a cura di WikiLeaks, il sito antagonista di Julian Assange specializzato nel pubblicare online documenti, diari, dispacci più o meno segreti carpiti dai server dell'Amministrazione americana (probabilmente grazie all'aiuto dell'analista dei servizi Bradley Manning, ora agli arresti).

Dopo la pubblicazione dei brogliacci di guerra in Afghanistan, WikiLeaks ha annunciato di avere in mano 250 mila documenti inviati tra il 2006 e l'inizio 2009 al Dipartimento di Stato dalle ambasciate americane sparse in giro per il mondo. I documenti sono stati girati al New York Times, al Guardian di Londra e allo Spiegel tedesco, com'era successo in precedenza. Ieri il sito del settimanale tedesco ha messo online per errore la notizia che la pubblicazione inizierà questa sera alle 22.30. Di più non si sa e le anticipazioni apparse in questi giorni sui giornali italiani sono solo speculazioni dettate dalle telefonate che il Dipartimento di Stato americano, a cominciare da Hillary Clinton, ha fatto ai ministeri degli esteri dei paesi alleati per avvertire che i documenti, nonostante non dovrebbero svelare nulla di realmente segreto, potrebbero causare qualche tensione politica e diplomatica.

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WikiLeaks, oggi oniline i file (Epa)

WikiLeaks, oggi online i file imbarazzanti per la diplomazia americana

Il fuoco di sbarramento diplomatico sul grande gossip di WikiLeaks è enorme, tanto da far temere

Tags Correlati: Afghanistan | Amministrazione Obama | Amnesty International | Barack Obama | Daniele Mastrogiacomo | Europa | George Soros | Iran | Iraq | Julian Assange | Massimo D'Alema | Ministero degli affari Esteri | Politica | Presidente del Consiglio | Qatar | Saddam Hussein | Wikileaks

 

La gran parte dei documenti non riguarda l'Europa, almeno così dicono le indiscrezioni, ma stando alle date il dossier italiano potrebbe contenere giudizi sulla politica estera del governo Prodi (e del ministro degli Esteri Massimo D'Alema), sulle modalità di liberazione del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo rapito dai talebani, sui rapporti stretti tra il governo Berlusconi e la Russia di Putin in materia di gas e, magari, anche qualche valutazione sull'ultima e concitata fase politica e privata dell'attuale Presidente del Consiglio.

Julian Assange, attraverso il suo avvocato, ha chiesto all'ambasciatore americano a Londra se la pubblicazione dei documenti rischia di mettere in pericolo alcuni dei nomi di privati cittadini citati nei file in via di pubblicazione. Il Dipartimento di Stato ha risposto con una lettera formale del consigliere legale Harold Hongju Koh: «Se avete ricevuto i materiali che intendete pubblicare da un funzionario governativo, o da un intermediario, senza una precisa autorizzazione, si tratta comunque di una violazione della legge americana anche se la pubblicazione non avrà conseguenze gravi». Il consigliere legale di Hillary Clinton ha ricordato al fondatore di WikiLeaks tutta una serie di rischi e di reati legati alla pubblicazione dei documenti. Improbabile, però, che la lettera di Koh faccia cambiare idea a Julian Assange.

Anche se i documenti non sveleranno niente di sconvolgente, come è successo in passato con i diari di guerra dall'Afghanistan, Julian Assange è giò diventato una specie di Robin Hood del cyberspazio e WikiLeaks il sinonimo di battaglie civili per la verità, la giustizia e la pace.

I grandi giornali internazionali che hanno ricevuto il materiale fanno benissimo a valutarlo, confrontarlo con l'Amministrazione Obama e poi a pubblicarlo, ma l'obiettivo di Julian Assange non è quello di informare. Non è un giornalista. Non è un paladino dell'informazione. Il contenuto di quei documenti non gli interessa. Ciò che gli interessa è il numero sempre più alto di violazioni al fortino americano – 92 mila documenti la prima volta, ora 250 mila – non che cosa ci sia scritto dentro quei dispacci.

A fare notizia non è il contenuto, ma il contenitore. Il successo di WikiLeaks si misura sulla bravata internettiana, sull'anonimato ricattatore, sullo sberleffo al potere. Anche perché, a leggerli davvero, i primi brogliacci di WikiLeaks raccontavano che i morti in Iraq erano certamente stati moltissimi, come si sapeva, ma meno di quanto si temeva e, peraltro, a grandissima maggioranza uccisi da terroristi sunniti e milizie sciite. Quei documenti svelavano anche che i detenuti iracheni stavano meglio quando le prigioni erano gestite dagli americani (responsabili di Abu Ghraib) e che l'Iran è stato il maggior responsabile della carneficina irachena, a dimostrazione che Bush non aveva esagerato il ruolo nefasto di Teheran nel causare il caos in Mesopotamia. Si trattava comunque di notizie vecchie, superate dagli eventi e dalle decisioni di Barack Obama. Addirittura a discolpa di Bush, in certi casi (come era ovvio, visto che si trattava di documenti del Pentagono). Nei file di WikiLeaks, c'erano le prove, come ha scritto la rivista Wired, che in realtà nell'Iraq di Saddam Hussein ci fossero armi di distruzione di massa, dopo la deposizione del regime in parte finite nelle mani dei terroristi.

L'obiettivo di Assange non è nemmeno quello di promuovere la pace, come ha fatto notare sul New York Times Andrew Exum, analista militare dell'obamiano Center for a New American Security. Le critiche ad Assange sono arrivate anche da cinque associazioni in difesa dei diritti umani (da Amnesty International alla Open Society di George Soros), preoccupate che le precedenti rivelazioni di WikiLeaks avessero messo in pericolo la vita di quegli afghani che, aiutando gli americani, si battono perché il loro paese possa avere un futuro senza talebani.

L'obiettivo unico di Assange e WikiLeaks è imbarazzare l'Amministrazione americana guidata peraltro dal Premio Nobel per la Pace, di farla fuggire a gambe levate dall'Afghanistan, di assestarle un colpo letale.

www.camilloblog.it

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