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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2010 alle ore 13:45.
Dunque, il ragazzo immigrato di nazionalità marocchina che domenica a Lamezia Terme ha ucciso sette ciclisti aveva la patente: contrariamente a quanto si era appreso in un primo momento, l'aveva solo dimenticata a casa, perché il giovane aveva già interamente scontato la sospensione inflittagli sette mesi fa per un sorpasso azzardato.
Ma non ci sarebbe stato da meravigliarsi se anche in questo incidente si fosse scoperto che il colpevole non era abilitato alla guida: non pochi degli episodi più gravi degli ultimi anni hanno avuto come responsabile una persona che non avrebbe potuto guidare perché o non aveva mai conseguito la patente o ne aveva subito la sospensione o addirittura la revoca per aver commesso gravi infrazioni o per inidoneità fisica (anche per uso di droga o abuso di alcol).
Spesso si tratta di persone con problemi gravi e reddito molto basso, che per questo hanno poco da perdere se trovati alla guida senza abilitazione. Quindi poco importa se questo è un reato punito con un'ammenda che può andare da 2.257 a 9.032 euro e col fermo amministrativo del veicolo per tre mesi.
Poco importa anche se per i recidivi si aggiungano l'arresto fino a un anno (pena che non di rado resta teorica) e la confisca del veicolo (che in questi casi spesso è privo di valore commerciale). Questa è solo una faccia del problema: anche i benestanti possono permettersi di fronteggiare le sanzioni. Un caso famoso è quello di Fabrizio Corona, l'agente fotografico milanese colto più volte alla guida anche di auto lussuose e vistose (quindi non si può dire che cercasse di sottrarsi ai controlli).
Ma è ancora più significativa la situazione emersa nel caso dei due fidanzati romani travolti nel 2008 sulla via Nomentana, praticamente nel centro della capitale, da Enrico Lucidi, che guidava senza patente (gli era stata revocata): era passato col rosso ad alta velocità. Lucidi era stato uno dei pochi "assassini della strada" ad essere poi stato condannato per omicidio volontario, ma la Cassazione ha poi ricondotto la questione a un "semplice" omicidio colposo.
In sostanza, a Lucidi era stato riconosciuto il dolo eventuale, cioè la volontà non di uccidere i due fidanzati ma di "vedere se comportandosi in un modo così rischioso sarebbe riuscito ad ammazzare qualcuno" (se ne era parlato nel caso di Marta Russo, la studentessa uccisa nel 1996 da un proiettile sparato da una finestra dell'Università La Sapienza). Una tesi che la Cassazione ha respinto perché non dimostrabile. Così è stato ritenuto più adeguato il profilo della colpa cosciente, aggravante dell'omicidio colposo che scatta quando chi lo commette non poteva non immaginare che facendo una determinata cosa avrebbe seriamente rischiato di far morire qualcuno. Per questo, ci sono proposte di legge che mirano a superare il problema parificando di diritto, almeno nei casi estremi come quelli con alcol e droga, l'omicidio stradale a quello volontario.