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La truffa di Bernie Madoff e gli intrecci pericolosi. C'è anche una pista italiana

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2010 alle ore 08:11.

NEW YORK - C'è una pista italiana nel suicidio di Mark Madoff, una pista che porta direttamente a un rapporto del figlio del più grande truffatore della storia con Sonia Kohn, una signora austriaca che parlava italiano, aveva anche un ufficio a Milano oltre che a Vienna e che aveva avuto rapporti d'affari con suo padre in decenni passati. Al punto da diventare un riferimento centrale per gli affari dello schema Ponzi. Il collegamento specifico, menzionato nei paragrafi 297 e 298 del documento depositato in tribunale venerdì da Irving Picard, il curatore fallimentare, è con una piattaforma italiana di trading elettronico chiamata FundsWorld online che la signora Kohn aveva lanciato nel 2000 da Milano, vantando un discreto successo di gestione.

La citazione in giudizio per Mark Madoff, che con il fratello si è sempre proclamato all'oscuro delle malefatte del padre, avviene con specifici riferimenti a un fax e ad altri messaggi con cui la signora informava Mark dei progressi compiuti con questo nuovo strumento di approvvigionamento, citando anche articoli apparsi sui giornali italiani. Secondo fonti autorevoli interpellate dal Sole 24 Ore, questa rivelazione diventava l'anello che ancora mancava per provare che i figli di Madoff, o quanto meno Mark, era in realtà al corrente del funzionamento dello schema Ponzi che ha portato perdite complessive per 19,6 miliardi di dollari.

Quando Mark si è reso conto che si sarebbe aperto un altro fronte non ce l'ha fatta più e avrebbe scelto con cura meticolosa di suicidarsi, nonostante si fosse risposato da poco e avesse un figlio di appena due anni e altri due figli più grandi dal primo matrimonio. Che fosse depresso lo si sapeva: aveva rotto con i suoi amici d'infanzia che avevano dato i loro risparmi al padre perchè fossero gestiti con oculatezza. E non sopportava le indiscrezioni secondo cui lui stesso avrebbe avuto un tesoro nascosto da qualche parte. Con le rivelazioni di venerdì, che restavano pur sempre delle supposizioni, per lui è stato troppo. Si è visto di nuovo in tribunale e ha deciso di chiuderla con la vita. Così venerdì mattina, 24 ore prima del suicidio, Mark porta la sua Range Rover nera modello 2008 nel Garage di Mercer Street vicino a Casa a Soho e lascia una mancia da 400 dollari al parcheggiatore con una nota di auguri di buon Natale. Il resto lo sappiamo dalle cronache, il guinzaglio del cane per impiccarsi, la nota alla moglie, il figlio di due anni che dormiva con il cane nella stanza da letto accanto. Il padre Bernie è stato informato in carcere della pena dove sconta 150 anni di prigione.

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Si suicida il figlio di Madoff

NEW YORK - È stato l'ultimo, tragico sviluppo dello scandalo Madoff: Mark, 46 anni, il figlio

Tags Correlati: A. Michael | Bernie Madoff | Bocconi | Investimenti finanziari | Irving Picard | Mark Madoff | Milano | New York | Renato Mannheimer | Sonia Kohn |

 

Fundsworld, il collegamento che sembra aver scatenato il suicidio, fu lanciato nel 2000, veniva pubblicizzato come il primo servizio finanziario europeo indipendente dedicato interamente all´investimento in fondi on-line. Gli strumenti di profilazione e asset allocation erano stati ideati da A. Michael Lipper (il guru americano dei fondi di investimento), dal professor Renato Mannheimer (presidente Ispo) nonché da alcuni docenti dell´Università Bocconi. Non è stato provato che Fundsworld avesse raccolto fondi per Madoff direttamente, ma l'esistenza di questa corrispondenza, secondo i legali americani potrebbe essere il primo elemento per provare quanto meno un legame diretto tra Mark e la Kohn, una broker di un certo successo che parlava italiano e attraverso i suoi contatti aveva convogliato fondi per 9,1 miliardi di dollari nel portafoglio di Bernie Madoff. Per il suo lavoro la Kohn veniva ricompensata in contanti e si parla di bustarelle per oltre 60 milioni di dollari. La tesi americana nel caso dei giorni scorsi, che si aggiunge agli altri già aperti contro altri feeders funds come Kingate, anch'esso di due italiani, Tremont e altri, è che senza i 9,1 miliardi di dollari che alimentavano la sua cassa Madoff non ce l'avrebbe fatta. Per questo Irving Picard, il liquidatore che rappresenta i creditori, ha chiesto a UniCredit il rimborso dell'intero ammontare: è più facile mungere quattrini da una istituzione finanziaria seria – e ignara – che da feeder funds privati che dispongono della camaleontica capcità di sparire nel nulla.

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