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Disillusioni parallele di Scilipoti, Calearo, Cesario, gli indecisi fino all'ultimo e poi con il governo

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 23:22.

Domenico Scilipoti, Massimo Calearo, Bruno Cesario sono i tre deputati che hanno costituito il Movimento di responsabilità nazionale. Tre storie e tre ragioni diverse per lasciare i partiti di provenienza, un denominatore comune (fin troppo ovvio) che ha funzionato da molla dirompente per tutti loro: non sentirsi riconosciuti, all'interno dei gruppi di provenienza, valore e peso supposti. Oltre, come hanno sottolineato più volte, ad avere (tutti e tre) a cuore «l'interesse e il bene del paese» e a essere contrari allo show down del 14, oltre che alle elezioni anticipate. Hanno votato tutti e tre a favore del governo.

Il medico siciliano deluso dalle decisioni del partito (l'Idv)
Domenico Scilipoti, medico siciliano, milita nell'Italia dei Valori da 12 anni. Per gli ex compagni di partito il suo addio è un fulmine a ciel sereno. Mai nessuna divergenza (espressa) con Antonio Di Pietro, nessun segnale di disarmonia o dissenso. Nemmeno nei giudizi sul presidente del consiglio. Nessun problema (apparente) neppure per gli incontri e i convegni sulla sanità ai quali come medico teneva molto. Fino a settembre, settembre 2010. All'Idv arrivano voci su Domenico Scilipoti e Antonio Razzi : sarebbero stati contattati da Silvio Berlusconi. Ma mentre Razzi (alla fine) esterna, Scilipoti tace. Però non partecipa all'incontro di Vasto e i rapporti cominciano a raffreddarsi. Antonio Di Pietro presenta esposti in procura, sostenendo la tesi della compravendita. Quella che Scilipoti non ha celato è una certa delusione nella gestione delle questioni sanitarie per alcuni comportamenti del partito, che ha nominato responsabile nazionale del settore Antonio Palagiano. Lui, Scilipoti, incicato da alcuni come un poco fumantino di carattere, militante da tempo, era un semplice deputato, incarichi non ne aveva.

L'imprenditore vicentino che sognava un Pd «moderato e riformatore»
Diversa la storia di Massimo Calearo, che è passato dal Pd ad Api di Francesco Rutelli, per poi fondare il Movimento di responsabilità nazionale. Imprenditore nel settore telecomunicazioni e automotive, è stato presidente di Confindustria Vicenza e presidente di Federmeccanica. Corteggiato (politicamente parlando) da più fronti, ha detto sì a Walter Veltroni per le politiche del 2008, candidato in Veneto, capolista nella circoscrizione 1. Ma la liaison con i democratici non è durata a lungo (un anno e mezzo, più o meno), fino alle primarie che di fatto hanno designato Pier Luigi Bersani segretario. Da quel momento il Pd non è più quel partito moderato e riformatore che Veltroni, e con lui lo stesso Calearo, volevano. Confluito alla Camera nel gruppo misto resta un paio di mesi, per passare poi ad Alleanza per l'Italia, di cui è stato tra i fondatori. Ma anche in questo caso, evidentemente, la scintilla non è scoccata fino in fondo. Del resto è stato lui stesso a chiarire che «il politichese» non gli interessa, «mi interessa» - ha detto - «che le imprese e chi ci lavora abbiano stabilità». Insomma il suo rapporto con la politica non sembra dei più semplici.

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Il politico di lungo corso «messo in condizioni di andar via»
Il percorso di Calearo (in politica) è molto simile a quello di Bruno Cesario, quasi parallelo, anzi speculare. Ma solo nell'ultimo periodo, perché l'impegno politico di Cesario arriva da lontano. Di Portici (Napoli) viene eletto alle ultime politiche con il Partito democratico in Campania, ma (anche lui) nel novembre 2009 passa al gruppo misto, dove resta un paio di mesi per poi iscriversi ad Api. A settembre un nuovo cambio, con il ritorno al gruppo misto. Ma Cesario non è nuovo alla politica, cattolico, ha militato nella Democrazia Cristiana prima e nel Ppi poi, considerato vicino alle posizione di Ciriaco De Mita. Lui si è sentito «costretto» a cambiare casacca solo «per motivi politici» e «non certo per ragioni di tornaconto personale». E nel Pd dice di essere stato «messo in condizione di andar via», non «certo perchè ho ottenuto qualcosa in cambio».

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