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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 18:31.
Rautiano, cattolico, da sempre legato a Gianfranco Fini, Silvano Moffa tenta questa volta una linea differenziata da quella del presidente della Camera. E guida le colombe futuriste verso l'astensione a Palazzo Madama in cambio delle dimissioni del presidente del Consiglio prima del voto alla Camera. Se Berlusconi non compirà questo passo, allora il gruppo Fli voterà compatto la sfiducia a Montecitorio.
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Politico di lungo corso
Politico di lungo corso, Moffa ha fatto parte (negli anni Settanta) della direzione e della segreteria nazionale del partito, fino ad assumere l'incarico di capo della segreteria politica. Giornalista, ha ricoperto la carica di vicedirettore de Il Secolo d'Italia. Poi componente dell'assemblea e della direzione nazionale in Allenza Nazionale, è stato presidente della Provincia di Roma (dal 1998 al 2004) e, per due mandati (prima di arrivare in provincia), sindaco di Colleferro (Roma) dove è tornato - con la stessa carica - dopo il 2004. Nel II governo Berlusconi è diventato sottosegretario al ministero per le Infrastrutture e Trasporti con delega alle Aree Urbane e Roma capitale. E nel 2005 Gianfranco Fini ha delegato a lui la responsabilità del programma elettorale di Alleanza Nazionale. Attualmente è presidente della XI commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
Si incrina il sodalizio con Fini
Dunque un lungo sodalizio politico con il presidente della Camera che rischia ora di venire incrinato dalle posizioni più concilianti (verso il premier) di Moffa. Ma nessuno, tra chi lo conosce, pensa a strane mire da parte del deputato Fli, considerato sincero nelle sue convinzioni. Ciò che lo allontana da Fini sarebbe soprattutto una diversa convinzione sull'eventualità di un voto nella prossima primavera. Perché Moffa sembra temere che, in caso di elezioni a fine marzo, Futuro e libertà possa risultare penalizzata. Guadagnando un anno, invece, ci sarebbe la possibilità di far emergere le contraddizioni di Silvio Berlusconi, consentendo al movimento finiano di crescere e consolidarsi nel territorio. Ma c'è anche un'altra considerazione che lo differenzia dal presidente della Camera e riguarda il rapporto con l'Udc. Moffa sospetta che i centristi di Casini possano fare il doppio gioco e magari siglare (alla fine) un accordo con Silvio Berlusconi. Insomma è tra coloro che credevano fermamente nel processo che ha portato alla fondazione del Pdl e che, nonostante la delusione per come quelle idee siano state (o non state) portati avanti nel partito, restano fedeli a quel progetto. Come dire: dalla scelta di fondare un partito nuovo (Fli) a quella di togliere la fiducia a Silvio Berlusconi c'è di mezzo un bel po' di strada. Per alcuni forse troppa.