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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2010 alle ore 10:56.
6. «No, non si tratterà di un salvataggio in extremis. Non ne conosciamo i dettagli, perché si tratta di uno strumento finanziario nuovo… ma potrebbe essere di tutto, da una garanzia al reperimento di altri modi per prendere denaro in prestito. Lo ribadisco: non si tratterà di un salvataggio in extremis».
George Papandreu, primo ministro greco, intervista alla Bbc, 21 febbraio 2010.
«L'Irlanda non sta chiedendo di avere accesso ai finanziamenti… perché è ovvio che abbiamo già i finanziamenti necessari fino alla metà del prossimo anno».
Brian Cowen, primo ministro irlandese, intervista alla Bbc, 15 novembre 2010.
Quando i primi ministri europei iniziano a smentire ripetutamente di non aver bisogno dei salvataggi in extremis dell'Unione Europea, non è mai un buon segno. Ad appena due mesi da quando Papandreu aveva affermato a chiare lettere che non avrebbe chiesto il salvataggio dell'economia in pessime acque del suo paese, ha formalmente richiesto proprio ciò, sia all'Ue sia al Fondo monetario internazionale, spiegandolo come "una pressante necessità nazionale". La richiesta è stata approvata a maggio, nella misura di 146,2 miliardi di dollari, e proprio all'ultimo secondo. Gli analisti temevano che le disgrazie economiche della Grecia avrebbero messo in pericolo le altre economie della Zona Euro, portando così al contagio. L'Irlanda ne avrebbe seguito le orme a breve. Dopo mesi di strenua resistenza, l'Irlanda ha formalmente chiesto un salvataggio in extremis da cento miliardi di dollari, appena una settimana dopo che Cowen aveva dichiarato che il paese aveva già finanziamenti sufficienti fino all'anno seguente.
Pertanto, quando a novembre il primo ministro spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero ha fiduciosamente dichiarato che la Spagna non corre "assolutamente" il rischio di dover chiedere aiuto per un salvataggio in extremis, si è presentato un ottimo motivo per dubitarne fortemente.
c. 2010 Foreign Policy - Traduzione di Anna Bissanti