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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2010 alle ore 16:53.
«La possibilità di mie dimissioni non esiste come ipotesi». Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ribadisce che non lascerà lo scranno più alto di Montecitorio.«Sono stato eletto e rimango presidente fino all'ultimo giorno a meno che mi si dimostri che sono venuto meno al dovere di rappresentare l'istituzione e di guidarne in modo imparziale i lavori». Incontrando la stampa parlamentare per il tradizionale scambio di auguri natalizi, l'ex leader di An avverte dunque quanti nel Pdl continuano a premere perché lasci la guida di Montecitorio.
La legislatura può arrivare al termine
Luca Terzulli, presidente della stampa parlamentare lo punzecchia ma Fini non indietreggia di un millimetro. «Anche se fosse vero che il ruolo di presidente della Camera come lei dice potrebbe essere di impaccio per un'attività propriamente politica, e non è vero, ho il dovere di rispettare in primo luogo il mandato che mi è stato conferito. Quindi anche se fosse così utilizzerei in modo improprio le dimissioni. Bisogna rispettare l'istituzione che si è chiamati a guidare e non vedo una sola ragione per la quale se anche fosse un ostacolo per l'attività politica dovrei rimuovere quell'ostacolo attraverso le dimissioni». Dunque, nessun passo indietro da qui alla fine della legislatura. Che, aggiunge ancora Fini, «può durare. È chiaro che il tempo risponderà alla domanda se si potranno tradurre in realtà le riforme o se sarà una legislatura che si trascina. Vedremo nei prossimi mesi: credo che il monito di Napolitano debba essere tenuto presente da tutti».
L'affondo sulla legge elettorale
Fini abbraccia quindi con convinzione l'auspicio del Colle. «Nodi come quello della legge elettorale e di un rapporto diretto tra eletto ed elettore vanno affrontati», aggiunge poi, «se la legislatura proseguirà, come è stato detto, e per certi aspetti ci sono le condizioni che ciò accada». Sulla legge elettorale il presidente della Camera ribadisce quindi le sue forti perplessità. «Confermo i miei dubbi in ordine a un uso distorsivo del premio di maggioranza nell'attuale legge elettorale, qualora la politica determini nuove aggregazioni». Fu bollata come legge truffa, prosegue, «una legge che prevedeva che scattasse il premio di maggioranza quando scattava il 50,01 dei consensi - prosegue Fini - figuriamoci che truffa è se scatta il premio di maggioranza a prescindere dalla soglia. Non è una considerazione asettica, ma ha alle spalle una riflessione politica. Se si configura in un modo diverso il panorama politico, non è una osservazione da addetti ai lavori, ma incide nella carne viva del dibattito politico». Ad ogni modo, puntualizza il leader di Fli, «o la maggioranza che governa è coesa e stabile, o non è la legge elettorale che fa la differenza». Il cuore del problema, avverte ancora Fini, «è garantire la stabilità, che deve essere nella politica e non