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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2010 alle ore 15:23.
Dopo quello degli ex popolari, ora nel Pd esce allo scoperto anche il disagio degli ulivisti, un gruppo (piuttosto esiguo per la verità, numericamente parlando) di 7 tra parlamentari e senatori guidati da Arturo Parisi. Che in vista della direzione nazionale del 13 gennaio mette in chiaro di correre (dentro il partito) per conto proprio, «valutando occasione per occasione», rispetto «alla possibilità di prendere decisioni fondate su un confronto trasparente » e «assunte in contradditorio su documenti riconoscibili».
I malumori in un documento ufficiale
Arturo Parisi, Mario Barbi, Antonio La Forgia, Fausto Recchia, Andrea Papini, Albertina Soliani e Giulio Santagata lo scrivo in una lettera pubblica indirizzata al segretario, Pier Luigi Bersani. Un documento ufficiale per esprimere malumori covati da tempo e spiegare che d'ora in poi la loro partecipazione alle riunioni degli organi del partito non sarà più garantita. Quello che lamentano è soprattutto il venir meno degli impegni presi, in termini di ragioni politiche, di identità di partito e perciò anche di rapporti all'interno della coalizione. «Progetto, democrazia governante, scelta maggioritaria, alternativa, bipolarismo, vecchio ulivo, nuovo ulivo, primarie, democrazia di partito, categoria di partito e, soprattutto, partito nuovo» sono alcune delle parole che «negli ultimi diciotto anni hanno accompagnato e guidato il nostro cammino comune» e che «hanno perso il loro senso».
«È stato perso il bandolo della matassa»
Insomma il disagio rispetto alla linea manifestata nelle ultime settimane è forte e così gli ulivisti di Parisi segnano la loro autonomia, annunciando che valuteranno se partecipare alla riunione della direzione del 13 gennaio. Non usano giri di parole per dire a Bersani che è stato «perso il bandolo della matassa» e chiedono l'apertura di una fase di ricerca «che non possa essere più contenuta nei rituali e nelle procedure di partito ma debba svolgersi, invece, in un clima di assoluta libertà tra i cittadini». Perché «nel corso del tempo si è affermato» un modo «di essere partito e di stare nel partito che non corrisponde più alle forme evocate in passato» e, allo stesso tempo «promesse in nome di un partito nuovo per il futuro».