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Bossi: numeri scarsi, siamo in palude

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2010 alle ore 06:39.

A ricordare che la strategia del Cavaliere non è cambiata di una virgola ci pensa Fabrizio Cicchitto. Che ribadisce innanzitutto la volontà di Berlusconi di procedere all'allargamento della maggioranza mediante la cooptazione di singoli parlamentari (l'obiettivo ambizioso, e per ora lontano, resta quota 325 deputati). Ma il capogruppo del Pdl alla Camera tiene ferma anche l'operazione politica «più ambiziosa»: l'unità dei moderati e dei riformisti «ponendo il problema anche all'Udc il cui terzaforzismo è di corto respiro».

Una strada che la maggioranza vuole battere ancora, nonostante i centristi restino per ora indifferenti alle sirene berlusconiane. Il Cavaliere ci crede e continua a vedere le urne come uno spauracchio. Anche se il pressing di Bossi e del Carroccio è quasi asfissiante. «Ho sentito Berlusconi alla tv – avverte – parla di grandi riforme e numeri in eccesso: non è proprio così, perché i numeri scarseggiano. Siamo nella palude romana, ma siamo ancora vivi e stiamo combattendo. Alla fine chi la dura la vince». Fino a quando la Lega sosterrà il governo? «Sino a quando porteremo a casa il federalismo» dice Bossi. E comunque, ammonisce, «ci sono milioni di persone al di sopra del Po che ne hanno piene le scatole e sono pronte a battersi per ottenere la libertà».

Insomma, il premier prova a tirare dritto, nonostante la resistenza della Lega, e le avances all'indirizzo dell'Udc continuano. Tanto che Cicchitto, e a stretto giro anche il suo vice Osvaldo Napoli («è necessario ricostruire un rapporto strategico con i moderati di Casini»), rimarcano la linea. In mattinata, era stato poi il titolare degli Esteri, Franco Frattini, ad aprire le danze sul rapporto con i centristi. «Non dobbiamo offrire loro posti di governo, ma chiedere di essere opposizione responsabile». Mentre il ministro Gianfranco Rotondi si era spinto addirittura oltre suggerendo un'alleanza in vista delle urne. «La nostra separazione da loro nella politica nazionale è artificiale. Questa separazione va superata, meglio con un nuovo passaggio elettorale».

I centristi sembrano però irremovibili e, con il leader volato alle Maldive, spetta ai fedelissimi ribadire il Casini-pensiero. Lo fa prima Antonio De Poli («non ci interessano poltrone e accordi di potere») e subito dopo Roberto Rao, l'uomo più vicino al numero uno dell'Udc, chiarisce: «È positivo - spiega - che Frattini abbia finalmente capito che i posti non sono il nostro obiettivo, ma certo non doveva essere lui a invitarci a fare un'opposizione responsabile. Quella la facciamo già dal 2008». Sul fronte alleanze pro-voto, poi, la barra di via dei due Macelli non è mutata: se si andasse a elezioni anticipate Casini ha già detto infatti che non c'è spazio per un accordo con il Pdl. E se invece la legislatura arrivasse invece alla sua scadenza naturale? «È tutto futuribile, l'argomento non è per ora all'ordine del giorno», tagliano corto i centristi. E forse non proprio di una chiusura si tratta.

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Per il momento, comunque, le distanze tra le due sponde restano. Ma nella maggioranza ci sono anche altri nodi da risolvere. Non quello della Prestigiacomo, che sembra essere rientrato. «Resto nel Pdl», annuncia il ministro in un'intervista a "Chi" in edicola oggi. Rimane aperto il caso di Sandro Bondi. Che al premier ha ribadito la sua disponibilità a fare un passo indietro e ha poi manifestato tutta la sua amarezza per il taglio dei fondi al suo ministero. Una protesta che ha rafforzato il pressing di Berlusconi e del Pdl nei confronti di Giulio Tremonti, atteso da un incontro con i due capigruppo Cicchitto e Gasparri (ieri a colloquio anche con Gianni Letta) che chiederanno anche risorse per la cultura. Per ora la decisione del Cavaliere resta in stand-by anche perché Berlusconi vuole prima tirare le somme dell'operazione allargamento. «Dopo la vittoria del 14 dicembre – ragiona un fedelissimo del premier – bisogna evitare una nuova conta sulla mozione di sfiducia soprattutto se non si ha la certezza matematica di non andare sotto». E, in assenza di quella certezza, il sacrificio del fido Bondi sarebbe davvero il male minore.

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