Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2011 alle ore 14:04.
Sei profughi afghani si sono cuciti la bocca per protesta. Succede ad Atene, nuovo crocevia delle rotte dei migranti e dei clandestini. Da 40 giorni, un centinaio di profughi afghani sono accampati davanti al rettorato dell'università della capitale sotto tende di fortuna, assieme a donne e bambini. Chiedono asilo politico.
La Grecia annuncia la linea dura verso i migranti irregolari La protesta afghana coincide con l'annuncio del ministro per la Protezione del Cittadino, Christos Papoutsis, di una svolta nella politica greca verso i clandestini. Papoutsis ha annunciato la linea dura verso i migranti irregolari. Con l'aiuto dell'agenzia europea Frontex, il governo greco intende incrementare il pattugliamento delle frontiere marittime e creare una barriera lungo il confine terrestre, in particolare con la Turchia, un nuovo muro per fermare l'ondata migratoria che ha fatto della Grecia, via Cipro, la principale mèta europea dei clandestini. Il ministro ha avvertito che solo coloro che hanno «un diritto internazionalmente riconosciuto alla protezione o un diritto all'asilo» potranno restare in territorio ellenico, tutti gli altri dovranno lasciare il Paese «o con un rimpatrio volontario o con una deportazione forzosa». Nel frattempo, ad Atene, appunto sei uomini, profughi afgani, hanno intrapreso uno sciopero della fame e si sono cuciti la bocca per chiedere asilo politico. Il loro portavoce ha annunciato che se le autorità e le organizzazioni internazioni non risponderanno rapidamente, altri immigrati si uniranno alla protesta.
Le nuove rotte migratorie Nella complessa geografia delle rotte migratorie verso l'Europa, la penisola ellenica è diventata sempre più cruciale e importante. Migliaia e migliaia di migranti curdi, afgani, iracheni tentano di arrivare nel vecchio continente, passando proprio per la Grecia, paese dai confini estremamente permeabili. E poi diventano notizia entrando prepotentemente nelle pagine di cronaca italiana: basti pensare ai recenti e mortali sbarchi in Salento o ai ritrovamenti di giovani asfissiati nel doppiofondo dei camion nel porto di Bari o Ancona. Gli afghani, i curdi, gli iraniani arrivano in Turchia dopo viaggi di settimane, in camion, chi può in aereo, a volte a piedi, passando frontiere e territori in cui vige la legge delle armi o quella della corruzione.Chi parte da Herat o da Kabul, fin dalla partenza si mette nelle mani dei trafficanti: si paga alcune migliaia di dollari, si parte. Lo "smuggler" organizza il viaggio fino alla tanto agognata Europa. Eventuali passaporti falsi, eventuale distruzione degli stessi a tempo debito, indicazione della rotta da seguire. Da Istanbul, si arriva poi a Ismir, una delle "centrali" del traffico dei migranti.
Altissimo il rischio di mettersi nelle mani dei trafficanti Il rischio di mettersi nelle mani dei trafficanti è altissimo: da "clienti" ci si trasforma facilmente in ostaggi. Il prezzo pagato può non essere sufficiente, la tariffa può impennarsi improvvisamente. Ecco che allora la macchina dei trafficanti mostra i muscoli: minacce alle famiglie rimaste nel paese d'origine, minacce e violenze sui migranti. Come dimostra il caso degli Eritrei prigionieri nel deserto del Sinai. Il viaggio verso l'Europa vale migliaia di euro. Europa, così vicina, così lontana. Da lì alle spiagge di fronte alle isole greche di Hiyos, Lesvos, Samos, Kos, Leros e Rodi, il passo è breve. O quasi. Meno di un chilometro nel caso di Samos: l'isoletta, meta turistica soprattutto interna, vede migliaia di sbarchi ogni anno. Canotti, piccole imbarcazioni, ma anche migranti che di notte attraversano a nuoto gli 800 metri che separano la Turchia dall'Europa. Spesso i pescatori di Samos trovano cadaveri impigliati tra le reti. Il costo per questa tratta è di circa 500 euro, ma molti migranti si organizzano e comprano in gruppo piccoli canotti tentando di evitare i controlli turchi o corrompendo se necessario i guardiacoste. Il fenomeno del "fai da te" per aggirare gli smugglers è piuttosto frequente e in crescita, nelle zone in cui è possibile.
Guardia Costiera greca non è esente da critiche La Guardia Costiera greca intensifica i pattugliamenti ma non è esente da critiche. Associazioni come la tedesca Pro Asyl puntano da tempo il dito sulla gestione dell'immigrazione da parte delle autorità elleniche: respingimenti, e addirittura affondamenti nelle acque tra Grecia e Turchia sono frequenti. La polizia del mare greca accusa i colleghi turchi, corrotti dai trafficanti, e che troppo spesso chiudono un occhio. Nei mesi scorsi il premier turco Tayyip Erdogan ha visitato due volte la Grecia e ha promesso maggiore collaborazione con l'Unione europea per combattere il fenomeno dell'immigrazione irregolare. Dal canto suo il primo ministro George Papandreou ha invitato i turchi a far rispettare l'accordo per il ritorno in Turchia dei migranti da lì provenienti e detenuti successivamente in Grecia. Fino a due anni fa il centro di detenzione dell'isola di Samos era una vera prigione con un solo bagno per centinaia di persone, stipate all'inverosimile e che dormivano per terra. Poi con i fondi Ue è stato costruito il nuovo centro. Ma in generale la situazione dei centri in Grecia è terribile e al di sotto di ogni standard di rispetto dei diritti umani. Alla Grecia spetta poi la maglia per il riconoscimento dello status di rifugiato. Circa lo 0,5% delle domande dei richiedenti asilo viene accolta. La realtà è che nessun afgano, curdo, iraniano, somalo o eritreo vuole restare nella penisola ellenica. Le stime parlano per la sola Samos di 8 mila migranti di passaggio ogni anno. I morti di cui si viene a conoscenza sono decine. Tutti puntano al nord Europa e in particolare all'Inghilterra o alla Svezia.
Nella prima metà del 2010 sono stati 45.000 gli ingressi irregolari L'Agenzia per il controllo delle frontiere Frontex ricorda che nella sola prima metà del 2010 sono stati 45.000 gli ingressi irregolari. Anche il confine terrestre è preso d'assalto. Nel 2009 dei 106.200 tentativi (bloccati) di entrata irregolare in Europa, il 75 % è avvenuto in Grecia. Nei primi mesi del 2010 la percentuale è salita all'80. I tanti irregolari che sbarcano a Samos o nelle altre isolette di fronte alla Turchia vengono identificati (se possibile) arrestati e detenuti dalle due alle tre settimane, poi rilasciati con un foglio di via che vale un mese. Cioè in 30 giorni dovrebbero lasciare il paese.
I porti franchi di Patrasso e Igoumenitsa Da due anni a questa parte, nel documento, scritto in greco e quindi incomprensibile per i migranti, c'è anche scritto che è vietato recarsi nelle zone di Patrasso e Igoumenitsa. Perché proprio da lì prosegue il viaggio verso l'Italia. Dai due porti greci infatti i migranti tentano la sorte nuovamente (e pericolosamente). A Patrasso esiste da almeno dieci anni una comunità afgana: i migranti arrivano e sostano alcuni mesi in attesa di potersi imbarcare clandestinamente per l'Italia. A Patrasso sorge e periodicamente viene smantellato il grande campo di baracche, la "piccola Kabul" che sorge presso il porto. Da lì ogni notte e ogni giorno gli afgani tentano di nascondersi sotto e dentro i Tir o i camion frigorifero che si imbarcano per Ancona, Bari, Venezia. Così se le funi che li legano ai semi assi si lacerano, muoiono sull'autostrada adriatica, oppure finiscono congelati dopo l'attraversata. Ovvero, intercettati nei porti italiani, rispediti indietro con la stessa nave che li ha portati a un passo dalla meta. L'accesso alle aree portuali di Igoumenitsa e Patrasso è spesso controllato da chi cerca di guadagnare sui tentativi. Trafficanti, anch'essi, spesso nelle stesse condizioni di chi dà loro i soldi. La Polizia greca poi ha il manganello pesante: ogni giorno le equipe di Medici Senza Frontiere curano i migranti feriti sorpresi e malmenati dalla Astinomia nelle zone portuali delle due città.
Capitolo Libia-Africa Dalla politica italo-libica dell'immigrazione dipende la crescente importanza della rotta greca. La via a Sud di Lampedusa è oramai chiusa da tempo. Ora il Colonnello però torna a premere e chiedere altri 5 miliardi di euro per bloccare il flusso dei migranti, da anni usato usato come "rubinetto", e come leva politica, per sedersi al tavolo a discutere con il governo italiano. Soprattutto di economia. La Spagna già da tempo ha stretto accordi con Senegal e Mauritania per controlli e rimpatri. Così, bloccate quelle vie d'accesso, sempre più migranti, anche subsahariani tentano la via del medio oriente e della Grecia per arrivare in Europa.