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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2011 alle ore 15:23.
L'Italia ricorrerà in sede internazionale contro la decisione con cui Ignacio Lula da Silva, nel suo ultimo giorno da presidente del Brasile, ha bocciato l'estradizione dell'ex terrorista Cesare Battisti. «Stiamo pensando di portare il caso dinanzi ala Corte internazionale dell'Aja»: lo ha reso noto il ministro degli Esteri, Franco Frattini. «Non vogliamo lasciare nulla di intentato - spiega Frattini in una intervista al Corriere della Sera - il no all'estradizione è un precedente gravissimo che potrebbe influire sui destini di tanti latitanti: non può passare il segnale che il Brasile è il paese dove si può ripetere un nuovo caso Battisti. Non è accettabile che, dopo la dottrina Mitterrand, si diffonda l'idea che esiste una dottrina Lula».
Ma da Brasilia arrivano repliche infastidite alle pressioni italiane, vissute come ingerenze: il nuovo ministro della giustizia brasiliano, Josè Cardozo, ha detto di «non aver alcun dubbio» sul fatto che il no all'estradizione di Battisti sia stata una decisione «corretta». Lula ha agito «in stretta consonanza con il nostro diritto e con quanto aveva manifestato il Supremo Tribunal Federal», ha detto Cardozo.
Frattini, che sabato aveva fatto consegnare una lettera al successore di Lula, Dilma Rousseff, (colpevole di atti terroristici negli anni 70 e per questo detenuta tra il 1970 e il 1972) «conta sulla decisione alla quale con ogni probabilità sarà chiamata il nuovo presidente, che in pubblico si è già detta favorevole all'estradizione». In vista c'è anche una reazione di Roma sul piano dei rapporti bilaterali, consacrati in un trattato di partenariato da poco concluso: tra Italia e Brasile, spiega Frattini, «ci sono interessi profondi, ma in questo clima non vedo così facile l'approvazione del trattato. Magari non sarà bocciato, ma potrebbe essere accantonato, rinviato».
Che con il no all'estradizione di Battisti siano a rischio «le relazioni commerciali» bilaterali lo conferma il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, secondo il quale, sarà il Parlamento a decidere quando ratificare gli accordi, ma «ora il meno che possa capitare è rinviarli a dopo la decisione della Corte brasiliana». L'Italia, infatti, «punta sulla Corte Costituzionale brasiliana – ha spiegato il ministro in un'intervista alla Stampa - e sul fatto che il nuovo presidente dovrà adeguarsi».