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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2011 alle ore 12:19.
Più di centottantotto miliardi di "patacas", cioè ventitrè miliardi di dollari: sono gli incassi nel 2010 dei casino di Macao. Al tavolo da gioco si direbbe che la Cina abbia già ampiamente superato l'America: il giro d'affari di Macao con 31 casinò, per un totale di 4.312 tavoli da gioco e 12.835 slot machines ha infatti superato di quattro volte quello di Las Vegas. L'ex colonia (isola) portoghese ed ora Territorio ad amministrazione speciale della Repubblica Popolare cinese è tuttora l'unica località in Cina dove i casinò sono legalmente ammessi. È un privilegio impagabile tenuto conto che, ricchi o poveri, i cinesi sono da sempre dei grandi scommettitori. Di qui un flusso inarrestabile che ogni giorno porta a Macao, in aereo o in traghetto, dalla Cina e dalla vicinissima Hong Kong, decine di migliaia di persone contagiate dalla passione del gioco. In dicembre è stato toccato un record storico: le "patacas" incassate dai croupier sono state pari a 18,88 miliardi di patacas, cioè circa 2,35 miliardi di dollari.
La parola "pataca" non è uno scherzo, ma è il nome della valuta locale. Per anni il re in esclusiva delle "patacas" è stato un ex contrabbandiere, Stanley Ho, che fino al duemila aveva il monopolio del gioco d'azzardo. Tuttora non se la cava male, con otto case da gioco e un patrimonio di oltre 8 miliardi di dollari. Ma è stato affiancato negli ultimi anni da altri licenziatari, inclusi i due maggiori operatori statunitensi del settore, Las Vegas Sands e Wynn Resort, che sono entrati alla grande. Las Vegas Sands con 754 tavoli da gioco e 1254 macchinette mangiasoldi. Mentre Wynn resort, accanto a un casino di oltre 9.300 mila metri quadrati, ha aperto un albergo di 600 stanze e un megacentro commerciale dove i giocatori più fortunati possono cominciare a dilapidare la loro (nuova) ricchezza con le ultime griffes di Armani, Prada, Bulgari e Fendi.