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Notizie Medio Oriente e Africa

In coda per ore sperando in un futuro diverso

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2011 alle ore 12:33.

Vederli lì, aspettare pazienti per ore il loro turno, in piedi sotto il sole rovente, è uno spettacolo che tocca il cuore. Vedere con quale cura le donne indossano le loro vesti migliori, macchie di colori sgargianti, con quale timidezza prendono in mano la scheda – quasi non ci credessero - e con quale orgoglio mostrano il dito segnato di inchiostro - prova del voto - è come percepire, anche se in piccola parte, le sofferenze che hanno colpito il lungo cammino di un popolo verso la sua libertà.

Diario dal Sudan / 1. Conto alla rovescia per il referendum sulla secessione del sud

Oggi è il secondo giorno di voto. Dopo la più lunga guerra civile d'Africa - l'ultima durata 22 anni - costata due milioni di morti e terminata nel 2005, i sudanesi del sud avranno ancora tempo fino a domenica per decidere se restare uniti al nord del paese o, risultato dato per scontato, separarsi e creare uno stato autonomo.
Ancora sei giorni di voto, dunque: Perché il Paese è ancora disorganizzato, comunque troppo grande: non esistono strade asfaltate al di fuori di quelle nuove nel centro di Juba, e in alcuni villaggi occorre un viaggio di due giorni per raggiungere i seggi più vicini. Pur di votare in molti sono arrivati a Juba i piroga – tutte così piene che sembrano affondare da un momento all'altro – dopo tre giorni di navigazione sul Nilo.
Ieri, primo giorno di voto, centinaia di migliaia di sudanesi del sud si sono riversati sulle urne già prima che sorgesse il sole. Molti sono dovuti tornare a casa senza il dito macchiato e la tessera elettorale tagliato sull'angolo.

Chi ha votato spesso esplode in urla di gioia, le donne alzano le mani al cielo e cantano le loro nenie schioccando la lingua. Poi seguono balli tribali in mezzo alle strade.
Le file che partono dalle stazioni elettorali, allestite in scuole semidistrutte, edifici fatiscenti ma soprattutto sotto l'ombra dei giganteschi alberi di mango, di distendono anche oggi per centinaia di metri.

I sudanesi del sud non si scompongono. Sono convinti del risultato. Certi di raggiungere il quorum, il 60% «Sono arrivati prima dell'alba. Perché – spiegano – questa è l'alba di un nuovo giorno – ci piega Anne, madre di otto figli mentre consegna il suo piccolo di quattro mesi in braccio al funzionario elettorale prima di votare.. - e oggi Siamo felici, felici felici, Abbiamo atteso questo momento per 50 anni. E ora abbiamo il diritto di scegliere il nostro destino». Il presidente sudanese Salva Kiir, che ieri ha votato vestito in doppiopetto scuro con il suo immancabile cappello da cow boy, ha invitato la popolazione a "mantenere la calma" nel caso non riuscissero a votare il primo giorno.

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Diario / reportage da Jua, sud del Sudan

Sudan, conto alla rovescia per il referendum sulla secessione del sud - Juba nuova capitale. Foto

Non che i passanti o i venditori prestino troppa attenzione a quello strumento ai loro occhi

Tags Correlati: Africa | Elezioni | Khasmir | Salva Kiir |

 

C'è chi come Gorge, tenente dell'esercito del sud Sudan ormai in pensione, lancia parole durissime contro il regime di Khartoum: «Basta con il nord, basta con le umiliazioni e le discriminazioni contro di noi, nel nostro paese sono benvenuti tutti i cittadini del mondo ma loro no».

Qualche episodio di violenza si è registrato, soprattutto nelle regioni di confine e in quella di Abyai, la polveriera contesa tra Kartoum i cui confini devono ancora essere definiti. In questa regione doveva essere indetto il secondo referendum,; unirsi al nord o al sud in caso di secessione. Ma qui la posta in gioco è troppo alta: pascoli fertili rivendicati da tribù nomadi, acqua, e molto petrolio. i morti di questi giorni nella regione di Abyei – causati da scontri etnici in cui sono coinvolte le milizie dei nomadi filo arabi – non promettono nulla di buono. Lo chiamano il Khasmir africano. Ma si temeva molto peggio. Finora è andata bene, finora.

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