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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2011 alle ore 13:37.
«Ci troviamo di fronte all'ennesimo teorema costruito appositamente per gettare fango sulla ia persona e sul mio ruolo istituzionale nel tentativo, illusorio, di eliminarmi dalla scena politica. Ma questa volta è stato superato ogni limite». Dopo il messaggio di ieri ai sostenitori del Pdl, il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, torna anche oggi, in una nota della presidenza del consiglio, a intervenire sul caso Ruby e sulla decisione dei pm milanesi di indagarlo per concussione e prostituzione minorile. Il fango - prosegue il presidente del Consiglio - ricadrà su chi utilizza la giustizia come arma politica. Questa ulteriore macchinazione giudiziaria, per quanto possente e ampliata dal solito circuito mediatico, non riuscirà a fermarci e a distoglierci dal nostro impegno di cambiare il paese. Anche questa volta - assicura - non ce la faranno».
L'affondo contro i magistrati: solo chiacchere
Contro i giudici milanesi poi il Cavaliere non è affatto tenero. «Nonostante un imponente apparato investigativo degno di ben altro tipo di indagine e avviato a dispetto di una palese incompetenza funzionale e territoriale, i pm milanesi alla fine hanno raccolto soltanto chiacchiere e conversazioni private senza alcuna rilevanza penale. Hanno ugualmente proceduto in spregio a ogni norma, a ogni codice, a un utilizzo equilibrato degli strumenti giudiziari, mettendo in atto perquisizioni e trattamenti inaccettabili nei confronti di persone considerate semplicemente "a conoscenza dei fatti"».
Pm agiscono in spregio alle norme e alla Costituzione
Quindi il premier torna a battere sul tasto della persecuzione giudiziaria che lo avrebbe investito dal momento della sua discesa in campo in politica. «Mai, in diciassette anni di accanita persecuzione giudiziaria contro la mia persona, alcuni pubblici ministeri della procura di Milano erano arrivati a stravolgere, in modo così inverosimile e grottesco, la realtà dei fatti, le garanzie costituzionali e lo Stato di diritto». Sono stati intercettati per mesi, in maniera sistematica, prosegue Berlusconi, «tutti coloro che hanno osato varcare il cancello della mia residenza privata di Arcore, come se essere ospiti del presidente del
Consiglio costituisse di per sè un grave indizio di reato».