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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2011 alle ore 12:55.
«La democrazia italiana è più credibile» grazie all'impegno dei magistrati, come dimostrano i «colpi» inferti al terrorismo, alla mafia e al «martiriologio» delle toghe. All'indomani del ciclone giudiziario che ha investito il premier, Silvio Berlusconi, il presidente della Camera Gianfranco Finiinterviene così nel corso di una manifestazione pubblica al palazzo di giustizia di Messina, dove è giunto oggi per la prima delle cinque tappe di un tour tematico che dovrebbe servire all'ex leader di An per recuperare consensi. «La libertà si basa su un giudice che afferma il principio della legalità, altrimenti non c'è la libertà ma il predominio dell'arbitrio».
Il ruolo dei magistrati è di primo ordine
Fini è intervenuto dopo che il presidente del tribunale Gianbattista Macrì aveva sottolineato le difficoltà in cui si trova a operare, a causa dei tagli al personale. Il presidente della Camera ha quindi ringraziato i magistrati per il loro «lavoro quotidiano» e «per l'impegno che esprimono nello stare in prima linea». «La credibilità della democrazia italiana - ha aggiunto - è cresciuta grazie all'impegno dei magistrati, come dimostrano i colpi inferti prima al terrorismo e poi alla criminalità organizzata. All'interno del martiriologio dei servitori dello Stato - ha sottolineato Fini - il ruolo dei magistrati è di primo ordine, e dimenticarlo significherebbe fare un torto al loro impegno e al loro sacrificio».
Parlamento non si divida su riforma della giustizia
Quindi il leader di Fli è tornato sulla necessità di varare al più presto una efficace riforma della giustizia e ha lanciato un appello al parlamento affinché si accantonino divisioni e si ponga rimedio ai mali dei tribunali italiani. «Io sogno un giorno - ha detto Fini nei 20 minuti di intervento a braccio - in cui in parlamento, nella dialettica democratica, maggioranza e pposizione trovino un momento di unità in uno o due punti strategici per la riforma vera della giustizia. Il nostro paese investe poco sulla giustizia ed è anche per questo che siamo poco competitivi». Numeri alla mano, Fini ha paragonato la giustizia italiana a quella di Francia, Germania, Spagna o Inghilterra, sottolineando come non siano casuali i richiami della Corte europea dei diritti dell'uomo per la eccessiva lunghezza della durata dei processi, se si pensa che sono state contestate 1095 infrazioni contro un centinaio in media degli altri partner europei. (Ce. Do.)