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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2011 alle ore 12:59.
Il Terzo polo concede sette giorni alla maggioranza per inserire nel milleproroghe misure urgenti per la cultura, altrimenti voterà la sfiducia al ministro Bondi. Nel corso di una conferenza stampa alla Camera il Terzo polo ha presentato una mozione di sfiducia al ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, che si aggiunge alle due mozioni già presentate da Pd e Idv, già all'ordine del giorno in aula la prossima settimana alla Camera. L'iniziativa del Terzo polo, come hanno annunciato Rocco Buttiglione (Udc), Fabio Granata (Fli) e Francesco Rutelli (Api), potrà rientrare solo se il Governo accetterà le proposte dei centristi, varando tempestivamente misure per la cultura. I tempi sono, però stretti. Le proposte del Terzo polo, infatti, andrebbero accolte fra gli emendamenti al milleproroghe. Dunque entro la prossima settimana.
Le richieste: dalla proroga di tax credit e tax shelter al reintegro del Fus
Il Terzo polo chiede lo sblocco delle assunzioni in particolare per i sovrintendenti; la proroga del tax credit e del tax shelter per il cinema; la revoca del divieto ai comuni di investire in
iniziative culturali; il reintegro del Fus con altri 200 milioni; il reintegro del fondo per la tutela del patrimonio con altri 300 milioni. Se Sandro Bondi si impegnerà per questi cinque obiettivi e riuscirà a convincere Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, il terzo polo si impegna a ritirare la mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro della Cultura.. Questa è "l'estrema proposta" che il Terzo polo offre a Bondi, per «dare in extremis le risposte necessarie alla cultura italiana». Lo scorso mese Bondi non aveva escluso di lasciare per rafforzare il governo.
Il testo della mozione
Nella mozione presentata da Buttiglione, Granata e Rutelli si legge che il Terzo polo «esprime il voto di sfiducia al ministro Bondi e lo impegna alle dimissioni». Il ministro, sottolinea il testo, «a differenza di altri suoi colleghi, non é stato in grado di far valere la propria iniziativa presso il presidente del Consiglio, presso il ministro dell'Economia e in seno alla collegialità del Consiglio dei ministri, non riuscendo così ad arginare un irreparabile guasto delle politiche pubbliche per la cultura in Italia, che la linea prevalente nel governo tende a definire come un costo superfluo per le finanze pubbliche».