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In campo Suleiman, eminenza grigia d'Egitto e punto di raccordo tra governo ed esercito

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2011 alle ore 08:13.

IL CAIRO - Nelle visite diplomatiche quando si chiudono le porte e le telecamere restano fuori allora entra lui, il generale Omar Suleiman, capo dei servizi segreti, una figura slanciata nell'abito blu, con baffetti curati e sottili come quelli di ufficiale britannico: è l'eminenza grigia del regime di Mubarak, ritenuto uno degli uomini più potenti del Medio Oriente, il punto di raccordo tra il governo dei civili e le forze armate.

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Il suo sguardo si deposita sugli interlocutori con una gelida passionalità ma sa essere anche un affabile conversatore. Addestrato in Unione sovietica, ha partecipato tutti i conflitti arabo-israeliani ma proprio a Gerusalemme è ritenuto per la sua esperienza un cardine essenziale agli equilibri dell'area. Da qualche tempo viene anche indicato come un possibile erede di Mubarak. Le ambizioni non gli mancano e neppure le relazioni per sostenerle.
In uno dei dispacci del 2007 pubblicati da WikiLeaks l'allora ambasciatore americano al Cairo, Ricciardone, speculando sul dopo-Mubarak profetizzava che Suleiman, secondo solo a Gamal nella gerarchia, poteva essere nominato vicepresidente.

È stato Suleiman a chiarire a Mubarak che i suoi sondaggi sulla successione programmata al figlio Gamal erano negativi: i militari non sostenevano la candidatura di un personaggio ritenuto brillante, con un passato da banchiere ma che non aveva niente a che vedere con i ranghi delle forze armate. Gli ultimi tre presidenti dell'Egitto sono stati tutti militari: il colonnello Nasser; Anwar Sadat, che partecipò anche lui al colpo di stato del 1952; Hosni Mubarak, maresciallo dell'aria durante la guerra del Kippur.

Non è certo causale che Omar Suleiman - capo dell'intelligence militare prima di diventarlo anche di quella civile - sia stato nominato adesso vicepresidente e la carica di primo ministro assegnata ad Ahmed Shafik, che proprio nell'offensiva del Kippur fu pilota di caccia sotto il comando di Mubarak. Shafik, tra l'altro, è stato attaché militare dell'ambasciata egiziana a Roma negli anni Ottanta.

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Tags Correlati: Ahmed Shafik | Anwar Sadat | Egitto | Etiopia | Forze Armate | Hosni Mubarak | Israele | Medio Oriente | Omar Suleiman

 

Suleiman 75 anni, Shafik 70: questa è la vecchia guardia che non tradisce mai, secondo gli schemi di un paese dove lo spirito della caserma è anche quello che simboleggia l'unità della nazione e il potere. Un'idea radicata anche nel sentimento popolare. Le forze armate, che hanno combattuto due guerre contro Israele, nel '67 e nel '73, sono state decisive nell'abbattimento della monarchia di Faruq ma anche nel recupero della piena indipendenza del paese, da Suez alla guerra dei Sei Giorni, nonostante tracolli e sconfitte. Sono stati i militari, a partire da Nasser, a difendere lo stato secolare, tenendo a bada il fondamentalismo islamico. Le forze armate contano circa 380mila uomini e dal ministero dipendono anche i 60mila effettivi della Guardia Nazionale.

Suleiman è un superagente, protagonista di primo piano degli apparati di sicurezza a livello internazionale. Non è celebre all'estero come altri personaggi mediorientali ma al Cairo si sa che tutte le questioni delicate e i dossier più scottanti atterrano sulla sua scrivania. Arrivato ai vertici all'inizio degli anni ‘90, deve gran parte della sua notorietà al ruolo di mediazione svolto all'indomani della seconda Intifada. In questa veste ha conquistato il rispetto della comunità internazionale, Israele e Usa in testa.

Ma la fama di grande capo dell'intelligence l'ha guadagnata sul campo nella lotta la terrorismo islamico. Fu il generale Suleiman a combattere la battaglia più dura contro i gruppi radicali come la Jama Islamya e la Jihad egiziana che nel 1993 si allearono in una campagna sanguinosa di attentati e massacri. E, soprattutto, è stato lui a salvare la vita a Mubarak. Nel '95 ad Addis Abeba un commando islamico aprì il fuoco ad alzo zero sulla limousine del presidente egiziano. Non sarebbe mai sopravvissuto se il giorno prima Suleiman non avesse insistito a spedire via aerea in Etiopia un'auto blindata dove Omar, seduto dietro a Mubarak, gli proteggeva le spalle. Riuscirà adesso a salvare il suo presidente dalla prova più dura?

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