Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2011 alle ore 11:40.
È «denigratorio per la corte Costituzionale e gravemente offensivo» continuare a sostenere che i 15 giudici della Consulta «giudicherebbero sulla base di loro asserite appartenenze politiche». Lo ha detto il presidente della Consulta, Ugo De Siervo, nel corso dell'annuale conferenza stampa. «La più larga libertà di confronto fra tutti i giudici e l'integrale collegialità delle determinazioni» - sottolinea De Siervo - fanno sì che «le decisioni che vengono infine adottate (all'unanimità o con maggioranze che sono di volta in volta diverse) rappresentano il punto di arrivo di un organo sicuramente imparziale».
Botta e risposta Vietti-Alfano
In difesa dei magistrati contro l'attacco del premier Silvio Berlusconi, scende però in campo anche Michele Vietti, vicepresidente del Csm . «La magistratura non coltiva finalità eversive, ma svolge una funzione silenziosa di applicazione delle regole». Nel corso della commemorazione dell'assassinio di Vittorio Bachelet, ucciso dalle Br nel 1980, Vietti ha ricordato che «le vere finalità eversive erano quelle del terrorismo degli anni '70 e '80, per opporsi alle quale la magistratura come Bachelet, ha pagato un altro tributo di sangue». Pronta la replica del guardasigilli, Angelino Alfano: «ho sentito tante parole contro Berlusconi senza mai citarlo e poche parole che hanno ucciso Bachelet». A stretto giro di posta la contro-replica di Vietti: «ho soltanto affermato che la magistratura non persegue finalità eversive. Ma lotta contro il terrorismo pagando a volte anche un tributo di sangue».
Giudici sempre imparziali
Dal canto suo, Siervo ha inteso ricordare «ancora una volta» che i «giudici costituzionali sono appositamente scelti da organi diversi, fra i più rappresentativi delle nostre istituzioni (Presidente della Repubblica, Parlamento, supreme magistrature), ed entro categorie professionali particolarmente qualificate, in modo da garantire (per quanto possono le norme giuridiche) la loro più larga indipendenza di giudizio». Inoltre - aggiunge - i giudici «entrano in carica dopo aver giurato di osservare la Costituzione e le leggi».
Ci sono troppe norme parziali e provvisorie
Il punto, spiega De Siervo, è che c'è una «notevole diffusione di interventi legislativi parziali, se non provvisori». Si tratta di una «accentuata difficoltà che si verifica ormai da molti anni nel sistema di produzione delle fonti normative». De Siervo fa infatti notare che «si sono verificate moltissime trasformazioni in via di prassi dei classici sistemi di produzione normativa, in assenza di adeguati processi di riforma e razionalizzazione a livello costituzionale o almeno dei regolamenti parlamentari; al tempo stesso - aggiunge - si è radicalmente spostato l'asse della produzione legislativa dal parlamento al governo». A tale proposito rileva che «nel 2010 sono stati più i decreti legislativi che le leggi e che più di due terzi delle leggi approvate sono leggi di conversione dei decreti legge o di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali». Dopo aver invitato a riflettere «su ciò che producono i numerosi decreti legislativi di tipo correttivo», il presidente della Consulta sottolinea che «tutto ciò evidentemente pesa non poco su chi deve giudicare della legittimità costituzionale delle leggi». Ed infatti, «se negli anni trascorsi sono state adottate sentenze importanti sui decreti legge, nel 2010 non poche sentenze della Corte si sono dovute riferire all'applicazione più o meno corretta dell'art. 76 della Costituzione, che disciplina appunto la delega legislativa» oppure «hanno dovuto faticosamente ricostruire determinate situazioni normative in quasi continua trasformazione nel tempo».