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Ferrara raduna gli anti-puritani: «Caro presidente Berlusconi, torni ad essere quello del '94»

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 15:16.

di Sara Bianchi
Un appello gridato a gran voce dal teatro Dal Verme a Milano e indirizzato al presidente del Consiglio, perché torni ad essere il «vero Berlusconi, quello del '94, quello capace di rilanciare questo paese nel segno della libertà». Lo lancia Giuliano Ferrara dalla manifestazione (molto partecipata, il teatro è pieno, molti restano fuori) "in mutande ma vivi - contro il neopuritanesimo ipocrita".

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Sul palco con il direttore de Il Foglio, davanti a un gran numero di mutante e mutandoni stesi di tutti i colori, ci sono Piero Ostellino, Alessandro Sallusti, Camillo Langone, Iva Zanicchi, Assuntina Morresi, Pietrangelo Buttafuoco. In platea anche il sottosegretario Daniela Santanchè e il ministro Ignazio La Russa.

Ferrara lo ripete più volte, quello della procura di Milano è «in termini politici, un golpe morale o moralistico». E cita Immanuel Kant, («Umbert Eco lo legge senza capirlo»), gli scritti politici: «il capo supremo deve essere giusto per se stesso e tuttavia essere un uomo», «da un legno storto non può nascere un albero dritto». Il dito è puntato contro «i puritani e i giacobini», che nemmeno con «le truppe fresche di Fini riescono ad avere una maggioranza in parlamento». E allora «si affidano a iniziative extraparlamentari e extraistituzionali per tentare una crisi pilotata». Ma tutto ciò secondo Ferrara «è fuori da ogni regola». Il pubblico del Dal Verme lo applaude più volte, ma lui non nasconde quelli che considera gli errori di Berlusconi, dalle note gaffe internazionali (con Obama e la Regina Elisabetta) alla telefonata «improvvida» alla questura di Milano che ha aperto il caso Ruby.

Quella telefonata, «quell'errore bestiale» è stata «l'occasione per una crociata puritana moralistica», degna «dell'inquisizione spagnola». Evoca più volte Giuliano Ferrara, senza mai nominarlo esplicitamente, il film di Florian Henckel von Donnersmarck sulla Ddr nella Berlino Est controllata dalla Stasi, citato anche da Silvio Berlusconi, per rimarcare come la magistratura cerchi «di entrare nelle vite degli altri».

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Tags Correlati: Alessandro Sallusti | Berlino Est | Camillo Langone | Daniela Santanchè | Giuliano Ferrara | Governo | Ignazio La Russa | Immanuel Kant | Italia | Lerner | Luciano Violante | Milano | PDL | Regina Elisabetta | Silvio Berlusconi | Stasi

 

A più riprese se le prende con «quelli del Palasharp» e con Giuliano Zagrebelszy. Ai quali contrappone l'opinione di Luciano Violante che in una recente intervista ha sottolineato come il peccato non sia reato. Il direttore del Foglio chiede anche a Silvio Berlusconi («amico e collaboratore») di «fare il presidente del Consiglio, di occuparsi della crescita del paese e della riduzione delle tasse». Sulla comunicazione boccia il piano presentato dal Pdl in commissione di Vigilanza Rai e sollecita il premier ad utilizzare in modo creativo «le sue televisioni». Poi lo esorta ad accettare un confronto televisivo.

Prima di lui parla Alessandro Sallusti. «Sono curioso di vedere come Ferrara ci porta fuori da questo casino», dice il direttore de Il Giornale. Che ricorda di essere stato lui ad indicare a Berlusconi di aver bisogno di Ferrara, «che oggi è tornato ad essere quello che aspettavamo da qualche anno». Temevo, ammette Sallusti «che i liberali cominciassero a vergognarsi di quello stava accadendo. Siamo qui e non ci vergogniamo, anche se siamo un po' in mutande».

Piero Ostellino sottolinea di non essere al Dal Verme per difendere Silvio Berlusconi, ma perchè è un liberale. E cita (oltre a Kant) Croce sulla distinzione tra etica, politica e diritto e Popper per ricordare che la democrazia è l'unico sistema per cacciare i governanti. Ostellino parla di diritti individuali violati (nel caso della ragazza a cui sono stati sequestrati i gioielli regalati dal premier) e di metafora di Pavolv per dire che è viene considerato punibile chiunque vada a cena con Berlusconi.

Al Dal Verme aleggia lo spettro della manifestazione delle donne prevista per domenica 'Se non ora quando?'. La scrittrice cattolica Assuntina Morresi non vuole prendere «lezioni da chi da anni ha sparato contro la Chiesa e la donna cattolica». Iva Zanicchi vede le donne «strumentalizzate dalla politica». E alla sinistra che a suo avviso ha provato a tirarla per la giacchetta quando non ha obbedito a Berlusconi che la invitava a lasciare la trasmissione di Lerner ricorda: «Sono sempre stata anticomunista. Ma - ironizza - ho peccato, perché con i soldi che guadagnavo cantando alle feste dell'Unità mi sono costruita una villa in Brianza».


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