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Respinto l'agguato della ribelle Sara Giudice: «Caro Ferrara come fai a tollerare il modello Minetti?»

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 13:22.

Che succede se tra i pretoriani del laissez-faire morale, "in mutande ma vivi" – come recita il claim ferrariano – sul palco del teatro Dal Verme di Milano, si insinua la fronda delle donne pidielline? La protagonista ancora una volta è lei, Sara Giudice, la consigliera di zona ribelle, che da un mese circa ha lanciato la raccolta di firme anti-Minetti e che questa mattina ha teso un agguato al direttore del Foglio, promotore dell'alcova liberale e della campagna a teatro contro "il moralismo bacchettone e la repubblica della virtù".

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Non molla, la giovane pidiellina, la sua lotta per una selezione meritocratica della classe politica e insieme a qualcuno dei numerosi sottoscrittori questa mattina dà battaglia al Dal Verme. «Caro Ferrara – accusa Sara Giudice – tu che ti sei sempre impegnato in tante battaglie etiche, e ci hai insegnato che la politica è buon esempio, come fai a tollerare il modello Minetti?». La domanda non è retorica, e per darle corpo – almeno quanto le plastiche mutande appese sulla scena – Sara ha cercato di farsi spazio tra la folla davanti al Dal Verme per consegnare a Ferrara le quasi 12mila firme depositate sulla sua petizione online. «Non voglio fare casino – spiega – chiedo di poter parlare, spiegare il senso del mio gesto. Cerco un dialogo».

Nello strapieno teatro Dal Verme, l'Elefantino (lo pseudonimo di Ferrara sul Foglio), ha riunito un variegato parterre: insieme all'inner circle di stretta osservanza come il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, sul palco siedono l'editorialista liberal del Corriere della Sera Piero Ostellino e l'europarlamentare "disobbediente" Iva Zanicchi, la scrittrice cattolica Assuntina Morresi, Camillo Langone, giornalista del Foglio e autore di numerosi libri, l'intellettuale politically un-correct Pietrangelo Buttafuoco, tutti insieme contro il "neopuritanesimo ipocrita" (della sinistra, si intende). Ma della battaglia di Sara per il merito Ferrara non intende sentire parlare: «Non mi interessa», la liquida velocemente prima di entrare. Eppure la fronda femminile si allarga, domani approderà anche in piazza, in mezzo alle donne che manifesteranno "in nome della dignità".

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Tra loro ci sarà infatti anche Lucia Rizzo, due candidature al Consiglio comunale di Milano con Albertini e un passato da militante, al vertice del dipartimento Servizi sociali in Forza Italia. «Sa una cosa? – attacca – glielo dica lei a Ferrara, sì io sono una moralista, fiera di esserlo. E certe cose non mi vanno proprio giù», spiega. Ci tiene a sottolineare la sua "diversità": «Sono una donna di destra, sia ben chiaro, questo però non significa tollerare tutto, o continuare a girare la testa da un'altra parte e fare finta di non vedere quel che succede».

Il controcanto delle pidielline ribelli pare però un assolo di voci isolate. «No, no, guardi, se domani viene in piazza con me le presento altre che la pensano come noi – ribatte la Rizzo – io mi auguro che le donne di destra stiano pubblicamente in silenzio perché si vergognano, mute e con gli occhi bassi. Io invece alzo la testa e mi agito perché non ho vanità né ambizioni, quindi posso parlare liberamente». Mentre la Giudice, fuori dal teatro, annuncia di voler presentare una lista civica «per dare dignità a queste 12mila firme», in sala, la platea – in prima fila siedono il sottosegretario Daniela Santanché, il presidente lombardo Roberto Formigoni e il ministro Ignazio La Russa – acclama gli oratori. L'eco della protesta di Sara non arriva sul pulpito libertario: la fronda femminile, e la sua battaglia etica, dovrà cercare altri interlocutori.

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