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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 18:57.
di Giacomo Bagnasco
E stavolta parliamo di disfatta. Nessuno si nascondeva le insidie di questa partita, ma era difficile pensare di prendere quasi 60 punti dall'Inghilterra. A Twickenham è finita 59-13, con l'Italia travolta da otto mete (quattro del ciclone Chris Ashton) e semplicemente incapace di reggere il ritmo dei padroni di casa. Più rapidi, più organizzati, superiori tecnicamente e nell'uno contro uno. Addirittura irridenti in rimessa laterale, dove si sono aggiudicati senza problemi tutti i loro palloni e hanno "rubato" nove lanci degli azzurri.
Squadra sotto choc: oggi è stato un colpo duro, duro, duro (di Flavia Carletti)
Un grande passo indietro, soprattutto perché, almeno stavolta, è venuta meno una delle certezze acquisite dalla Nazionale di Nick Mallett: la difesa. Infatti, con il ct sudafricano - in quasi quattro anni - non era mai capitato di finire con così tanti punti al passivo e con uno scarto di 46. Per trovare una punizione più severa bisogna risalire a quasi quattro anni fa, al 76-14 subìto a Marsiglia dagli All Blacks in Coppa del Mondo.
Gli inglesi hanno attuato alla perfezione il loro piano: quello di velocizzare al massimo il gioco, partendo "alla mano" anche dalla loro metà campo e rinunciando quasi del tutto ai calci di spostamento. In questo modo si poteva impedire all'Italia di rallentare il gioco e di provare a spostare il confronto sul piano della mischia. Subito ritmi forsennati, dunque, da parte di un Toby Flood ispiratissimo e dei suoi compagni. Ritmi a cui l'Italia ha cercato di rispondere, spendendo tesori di energie. Nonostante la meta lampo di Ashton, venuta sulla prima palla concessa agli inglesi dopo quasi tre minuti di possesso azzurro, Parisse e soci hanno tenuto per una ventina di minuti abbondante, poi è calato il buio. Davanti alle folate offensive degli uomini della Rosa, che arrivavano da tutte le parti con "interpreti" sempre diversi capaci di trovare il buco o il difensore maggiormente in difficoltà, c'è stato un progressivo logoramento.
La squadra diretta da Martin Johnson non ha mai tolto il piede dall'acceleratore (anche perché i rincalzi inseriti nel secondo tempo avevano una gran voglia di mettersi in mostra, pensando ai prossimi impegni ma soprattutto ai Mondiali in autunno) e la sarabanda è continuata. Per l'Italia, a parte i sette punti al piede di Mirco Bergamasco, solo una meta con Ongaro a 10 minuti dalla fine, quando finalmente si è vinta una buona touche e gli avanti hanno impostato un raggruppamento vincente, e la prova tutto sommato soddisfacente di Fabio Semenzato, mediano di mischia all'esordio. Per il resto, tanta sofferenza, un paio di intercetti di Mirco Bergamasco e Parisse che hanno dato qualche speranza e un'altra occasione sul finale, quando Masi è stato fermato a pochi metri dalla linea di meta da un placcaggio capitale di Jonny Wilkinson (arrivato a 1187 punti nei test match internazionali contro i 1188 del neozelandese Dan Carter, l'attuale primatista).