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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 15:39.
«Il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa potrebbe essere il prossimo presidente egiziano. È un uomo esperto, ex ministro degli Esteri, ha un moltitudine di contatti nel mondo politico egiziano, ma è sempre stato subordinato al potere dei militari, anzi lo è sempre stato durante tutta la sua carriera politica», dice Robert Springborg, professore di "National security affairs" (sicurezza nazionale) alla Naval Postgraduate School di San Francisco, ex direttore della London Middle East Institute e collaboratore di Foreign Policy dove ha appena pubblicato un contributo molto critico sulla transizione democratica in Egitto dal titolo: «I giochi sono finiti: le chance per la democrazia in Egitto sono perse».
Qual è il ruolo dei militari in Egitto? Più coinvolti nella vita politica egiziana di quanto non lo fossero prima?
Il Consiglio Supremo di Difesa, guidato dal ministro della Difesa, il maresciallo Mohammed Tantawi, che emana i famosi comunicati, non ha una rappresentanza costituzionale. È una situazione molto ambigua e ancora molto confusa.
È un colpo di stato virtuale come ha detto Robert Fisk sull'Indipendent?
No, non è un colpo di stato virtuale ma la minaccia al controllo dei militari sul sistema politico egiziano può considerarsi ormai passata.
I Fratelli musulmani, la maggior forza di opposizione del paese, sono un pericolo per l'Occidente?
No, non penso. I Fratelli musulmani hanno una rappresentanza del 15% nella società egiziana, che è una quota enorme in una situazione dopo 30 anni di leggi speciali. Il loro limite è che fanno politica in modo vecchio stile.
Chi potrebbe essere dunque un nuovo leader? Wael Ghonim?
No, Wael Ghonim, dirigente della divisione Marketing di Google non ha chance. Anche Mohamed El Baradei ex direttore all'Aiea, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, potrebbe ottenere al massimo il 3% dei voti alle elezioni presidenziali poiché non ha legami radicati con la società egiziana. Dunque resta Amr Moussa che potrebbe rappresentare il primo passo verso una transizione più democratica. Il sistema politico egiziano è troppo concentrato sul presidenzialismo che ha troppi poteri, più di quello francese. Invece dovrebbe evolvere in un sistema parlamentare con un primo ministro responsabile davanti alle Camere.
Come si è comportata l'amministrazione Obama sulla crisi egiziana?
L'amministrazione Obama è stata chiaramente divisa sulla vicenda con il segretario di Stato Hillary Clinton più prudente rispetto alle uscite intempestive della Casa Bianca. Hanno dato in generale l'impressione di non aver mai controllato pienamente la situazione.