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Futuro e libertà a rischio rottura. Fli non ha colto il «momentum»

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2011 alle ore 06:40.

C'è di nuovo un rischio rottura in Futuro e libertà. Il giorno dopo il congresso di Milano continua a essere pieno di polemiche e di voci su possibili abbandoni sulla scia del dissenso di Adolfo Urso – declassato a portavoce da capogruppo alla Camera – e di Pasquale Viespoli, confermato alla guida del gruppo al Senato ma che contesta la decisione di Fini di aver affidato la gestione operativa del partito a Italo Bocchino.

Fli non ha colto il «momentum» (di Piero Ignazi)

C'è chi minaccia lo strappo al Senato e chi invece si dice pronto a dare battaglia nei congressi territoriali. Insomma, le divisioni restano e avrebbero «irritato» Gianfranco Fini visto che hanno connotato il neo-partito su uno spartito di vecchio stampo. Se ci saranno strappi si saprà oggi, giorno in cui è stata fatta slittare la riunione di un gruppo di senatori "dissidenti" anche se il rinvio della riunione viene spiegato come un tentativo in extremis di ricucire da parte dell'inner circle di Gianfranco Fini.

Ma è su Adolfo Urso che si concentra l'attenzione visto che il suo voto – alla Camera – è decisivo per la maggioranza. Senza contare che un suo "allontanamento" – come già lo chiama qualcuno – potrebbe influenzare altri deputati di Fli. «Mi voglio occupare solo della Fondazione FareFuturo. Non c'è alcuna trattativa in corso. Parlerò domani (oggi, ndr)». Adolfo Urso risponde al telefono con la consueta cortesia ma il tono è tranchant e chiude subito. Di certo ieri ha ricevuto altre chiamate perché dallo stretto entourage di Silvio Berlusconi è partito il corteggiamento così come gli sono arrivate telefonate da quello di Fini che non vuole perdere un "uomo chiave". Di certo c'è «l'amarezza e lo sconcerto» di Urso – come ammette lui stesso – per essere partito domenica da Milano sapendo di essere il nuovo capogruppo di Fli alla Camera ed essere atterrato a Roma e aver appreso che Benedetto Della Vedova era stato nominato al suo posto. Di qui l'amarezza. Anche perchè, come dice Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati Pdl «lui ha rinunciato a essere viceministro con delega sul Commercio estero, avrebbe potuto diventare ministro dello Sviluppo economico e ora si trova scavalcato da Della Vedova che non aveva incarichi e che non porta voti». E insomma è su queste considerazioni che il Pdl tenta la "seduzione" peraltro già riuscita con Luca Barbareschi dato ormai in uscita da Fli che ieri pronosticava per Fli «la fine del Psi: un suicidio».

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Fli non ha colto il «momentum»

In politica ci sono passaggi da cogliere senza esitazione, grazie al particolare clima che si è

Tags Correlati: Adolfo Urso | Benedetto Della Vedova | Camera dei deputati | Carmelo Briguglio | Gianfranco Fini | Luca Barbareschi | Milano | Osvaldo Napoli | PDL | Politica | Senato | Silvio Berlusconi

 

Di mediazioni ieri si è parlato – lo stesso Della Vedova ha chiamato Urso – ma poi a spegnere quelle voci sono stati proprio gli uomini più vicini a Fini, Italo Bocchino e Carmelo Briguglio. «Le delusioni fanno parte della storia dei congressi, rientreranno», diceva Briguglio e il nuovo vicepresidente di Fli insisteva: «Ogni volta che si fa un organigramma c'è una persona che può essere scontenta. Fini ha detto che non tornava agli errori passato perchè ci deve essere una guida chiara, forte, unica mentre in altri tempi ci sarebbe stata la mediazione». Ma Pasquale Viespoli non molla e continua la sua battaglia contro il "collega" campano Bocchino e puntano a convocare quanto prima le assemblee provinciali e regionali «pesarsi all'interno del partito». E c'è pure un altro caso: Alessandro Campi. Il direttore scientifico di FareFuturo, piuttosto critico sulle ultime scelte di Fini – e per questo non più così amato dall'entourage del presidente della Camera – non era nemmeno a Milano ma domenica si è ritrovato tra i componenti della segreteria senza nemmeno essere stato consultato. Una scelta che non ha gradito visto che non ha mai manifestato il desiderio di diventare dirigente di partito né di essere cooptato da dirigenti di partito.

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