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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 11:13.
Nuove tensioni in Medio Oriente. Nelle ultime 24 ore ore in Libia Barhain, Yemen, Iran, Israele e Algeria si sono registrati numerosi scontri tra manifestanti e autorità dell'esercito. Scontri che seguono il focolaio di proteste delle ultime settimane che hanno costretto i presidenti di Egitto e Tunisia a rassegnare le dimissioni.
Cresce il movimento libico anti-Gheddafi: dieci morti
Sono almeno 10 i morti negli scontri i Libia per la Giornata della collera contro il regime di Muammar Gheddafi, dove i manifestanti chiedono da ieri un cambio di regime. Secondo i siti dell'opposizione Al Youm e Al Manara, ci sono stati sei morti e Bengasi e almeno quattro nella vicina Al Beida, nell'est del Paese. Le notizie riportate dall'Agenzia France Presse (secondo Reuters i morti sarebbero otto) non possono però essere verificate in modo indipendente. L'invito a manifestare seguendo l'esempio delle rivolte popolari in Tunisia ed Egitto era stato lanciato con un tam tam via Internet, nel quinto anniversario della sanguinosa repressione del 2006 a Bengasi dopo l'assalto al consolato italiano. E a Bengasi, la seconda città libica, hanno manifestato tra gli altri gli avvocati che davanti a un tribunale hanno chiesto una nuova Costituzione.Ad Al Beida gli scontri sono scoppiati al termine dei funerali di due giovani uccisi nelle proteste di mercoledì. Il giornale Quryna, vicino al figlio di Gheddafi Seif al-Islam, ha confermato solo due morti nella città orientale.
Notizie di scontri tra polizia e manifestanti anti-regime arrivano anche da Ajdabya, nell'est della Libia, dove questa mattina un gruppo di manifestanti ha sfilato per le vie del centro e ha dato fuoco ad alcuni uffici governativi. Situazione tranquilla a Tripoli, dove nella centrale Piazza verde si sono visti solo sostenitori di Gheddafi che sventolavano le bandiere verdi della Giamahiria. Ma da Zenten, a sud-ovest della capitale, ci sono state manifestazioni anti-Gheddafi in piazza con un edificio dato alle fiamme.
La polizia spara tra la folla in Bahrain
In Bahrain un gruppo di manifestanti continua a chiedere le dimissioni del governo. Nella notte la polizia ha reagito sparando gas lacrimogeni e proiettili a pallettoni. Secondo un medico del posto ci sarebbero almeno tre morti e numerosi feriti, trasportati al Medical Complex Salmaniya. «La brutale violenza che abbiamo visto oggi non dà nessuna possibilità per il governo a continuare», ha detto Mohamed Almizal, parlamentare anziano del gruppo musulmano a maggioranza sciita di Al-Wefaq. «È troppo tardi. Un governo che uccide il proprio popolo non è legittimo». Il dissenso in Bahrain, sede della quinta flotta della Marina degli Stati Uniti, segue la caduta dei governanti autocratici dai movimenti popolari in Egitto e Tunisia e segna la diffusione di disordini nel Golfo Persico, dove si produce la maggior parte del petrolio del Medio Oriente.