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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2011 alle ore 15:50.
Il ministro Ignazio La Russa non lo annovera tra le sue simpatie politiche. «Noi non lo vogliamo: se entrasse lui usciremmo in 50». Di certo non il suo collega alla Cultura, Sandro Bondi, che ha accolto l'addio a Gianfranco Fini con un elogio. «È una persona intellettualmente onesta e perbene». Anche se, va detto, del ministro sopravvissuto alla sfiducia di qualche settimana fa, è stato uno dei pochi difensori nell'altra parte della barricata. «L'attacco a Bondi è stato un clamoroso autogol». Insomma, non proprio un complimento disinteressato. Ma tant'è. Perché Luca Barbareschi, 54 anni, attore, regista e produttore cinematografico, nato in Uruguay, cresciuto (professionalmente) nella Grande Mela e passato in prestito alla politica, è un uomo pragmatico che non bada alle mezze misure.
Le sue fiction nel nuovo piano approvato dalla Rai
E, ora che è migrato nel gruppo misto, i suoi ex compagni di partito fanno a gara per lanciare fendenti. Chi vuole colpirlo davvero si limita però a ricordare un dettaglio non trascurabile: che il nuovo piano approvato dal Cda Rai il 17 febbraio scorso prevede due fiction, Nero Wolfe e L'Olimpiade nascosta, entrambe prodotte dalla Casanova Entertainment, la sua casa di produzione. «Ci sono attori e pagliacci: i pagliacci non fanno sempre ridere, a volte fanno anche piangere», sono le ultime parole riservategli da Fini poco prima dell'assemblea costituente di Milano. Erano i giorni in cui esplose il suo mal di pancia e l'attore-onorevole fu avvistato mentre varcava i cancelli di Arcore (per promuovere, commentarono le malelingue, la sua attività di produttore). Lui si difese attaccando a muso duro i cronisti che già lo avevano registraro tra le future defezioni di Fli. «Non me ne vado, tra poco si chiarirà tutto».
I lucciconi sul palco di Bastia Umbra
Ma quel chiarimento non è mai arrivato. In mezzo ci fu poi lo scontro durissimo con il leader di Fli, che al «pagliaccio» fece seguire le urla e i gesti di stizza, e mai più una stretta di mano in pubblico. Non a Milano, dove pure Barbareschi era seduto ad ascoltare il presidente della Camera, ma fu tenuto a debita distanza dai luogotenenti futuristi. Proprio lui che a Bastia Umbra aveva trionfato tra gli applausi e l'abbraccio caloroso del capo sul palco (guarda il video). «Questo è l'incarico più grande che mi è stato affidato nella mia vita di spettacolo e di uomo politico», disse con la voce strozzata dall'emozione poco dopo aver ultimato la lettura del manifesto futurista per l'Italia accompagnato dalle note di Ennio Morricone.