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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2011 alle ore 18:02.

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re Mohammed VIre Mohammed VI

In Marocco l'ondata di proteste popolari che sconvolge il Maghreb e altri paesi arabi è per ora stata più contenuta rispetto ai paesi vicini. Nonostante la diffusione della povertà e la carenza di democrazia, il re Mohammed VI gode di genuina simpatia presso al maggioranza dei suoi sudditi e ha mantenuto fino a oggi l'immagine di un riformista. In più la sua famiglia vanta una prestigiosa discendenza dal Profeta.

Nonostante il rispetto per il re, anche in Marocco nel corso del mese di febbraio ci sono proteste legate all'aumento dei prezzi, a una situazione economica difficile per molti e alle richieste di una riduzione dei poteri in mano al sovrano. Il 20 febbraio alcune decine di migliaia di persone scendono in strada in varie città del paese. In alcuni casi ci sono episodi di violenza. Nuove proteste, non molto numerose, si sviluppano anche il 26 febbraio, soprattutto a Casablanca. I manifestanti chiedono una nuova Costituzione. Il 25 e il 26 febbraio si verificano disordini anche nel Sahara Occidentale, paese che il Marocco considera parte integrante del suo territorio fin dal 1975.

Il 6 marzo alcune centinaia di manifestanti si radunano nella capitale Rabat per chiedere riforme politiche sintetizzabili nello slogan base "Vogliamo uno Stato di diritto". Il 9 il re promette di rafforzare i poteri del parlamento e dei partiti politici e di riformare il potere giudiziario. Il 20 marzo decine migliaia di persone tornano in piazza chiedendo una nuova Costituzione. È una delle più grandi manifestazioni in decenni di storia del Paese. Il 3 aprile c'è una nuova manifestazione a Casablanca; una parte dei dimostranti chiede l'abolizione dell'articolo 19 della Costituzione, che stabilisce lo status religioso del re. Nella capitale Rabat quasi ogni giorno qualche categoria (dai disoccupati agli insegnanti) organizza piccole dimostrazioni fuori dai palazzi del governo, dimostrazioni che, per quanto circoscritte, mostrano un'effervescenza non abituale nella recente storia marocchina. Il 28 aprile, in un bar nella piazza Jemaa el Fna nel cuore di Marrakech, una bomba provoca 17 morti (tra cui 13 stranieri).

L'attacco viene attribuito all'islamismo radicale, che già aveva duramente colpito il Marocco qualche anno prima. Nei giorni seguenti si verificano manifestazioni contro il terrorismo. Il 15 maggio alcune decine di dimostranti cercano di organizzare un sit-in vicino a Rabat, davanti a quella che sostengono essere una prigione segreta in cui si applica la tortura, soprattutto ai danni di carcerati appartenenti ai movimenti legati al terrorismo islamista. Le autorità smentiscono l'esistenza di un centro di detenzione segreta e la polizia interviene ruvidamente per disperdere la manifestazione non autorizzata. Negli scontri ci sono alcuni feriti.

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