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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2011 alle ore 15:13.

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Negli ultimi dieci giorni di febbraio si verificano proteste popolari anche in Iraq. A Sulaymaniyah, nel Kurdistan, ci sono quattro vittime nel corso di sollevazioni contro il governo locale. Nella città di Sulaymaniyah, e nel Kurdistan in generale, si vive meglio che nel resto del paese e il livello dei servizi erogati ai cittadini è più alto dell'attuale standard iracheno, ma stanno emergendo segnali di una crescente distanza tra la popolazione e i governanti locali.

Venerdì 25 febbraio nel corso del cosiddetto "Giorno della Rabbia" migliaia di persone in molte città del paese scendono in strada, nonostante gli appelli alla calma da parte del governo e delle autorità religiose. Alcuni palazzi del potere locale sono attaccati dalla folla e le forze di sicurezza in molti casi reagiscono con violenza. Obiettivo dei manifestanti è la richiesta di più lavoro, migliori servizi (erogazione dell'acqua e dell'elettricità, ad esempio), pensioni più alte e meno corruzione da parte dei politici e delle autorità in genere. Nello scontro ci sono circa quindici morti.

Venerdì 4 marzo a Baghdad a Bassora e in altre città irachene ci sono ulteriori manifestazioni ma non si registrano gravi episodi di violenza. Il controllo delle dimostrazioni di piazza da parte della polizia e delle forze di sicurezza impiega in ingente numero di uomini. Il 16 e 17 marzo piccoli gruppi di iracheni sciiti protestano contro l'intervento dei militari sauditi in Bahrain. Alle manifestazioni che si susseguono per tutto il mese di marzo e le prime settimane di aprile in molte zone dell'Iraq, dal Kurdistan al Sud sciita del paese, e in cui l'obiettivo della protesta sono le inefficienze del governo, la carenza di servizi, la corruzione, l'alto tasso di disoccupazione, si mescolano "piazze" animate da altri sentimenti.

È il caso, nella prima settimana di aprile, delle dimostrazioni contro un prolungamento della presenza americana nel paese, animate soprattutto dai seguaci del leader sciita Moqtada al Sadr. Il 13 aprile le autorità proibiscono i concentramenti di protesta nelle strade della capitale Baghdad, che intralciano il traffico e le attività commerciali: unici luoghi in cui saranno autorizzate le manifestazioni sono tre stadi cittadini. Dopo il deciso intervento del governo, nelle settimane successive la protesta in Iraq vive un momento di stanchezza. A Baghdad continuano piccoli raduni nei "venerdì di protesta", ma si tratta di fiacche riunioni di poche decine di persone. Eppure, mentre in Kurdistan il malcontento non sfocia in iniziative visibili ma continua a sobbollire, l'arrivo della stagione estiva potrebbe portare con sé nuove esplosioni di rabbia popolare. Infatti la carente erogazione di energia elettrica, che compromette un uso intensivo dei conzionatori, potrebbe essere il detonatore di nuove proteste antigovernative.

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