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Ecco chi è Gino Bucchino, l'italo-canadese del Pd che accusa la maggioranza di "compravendita"

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2011 alle ore 14:34.

Se fosse passata la linea dura di Roberto Calderoli la semplificazione si sarebbe già abbattuta come una mannaia su lui e i suoi colleghi eletti oltreconfine. «Basta ipocrisie - disse il ministro del Carroccio un anno fa -, non è il sistema elettorale degli eletti all'estero, che è una barzelletta, a non funzionare. L'assurdità che ci siano dei parlamentari eletti all'estero».

Proprio come Gino Bucchino, 63 anni, calabrese di nascita e fiorentino d'adozione, ma soprattutto esemplare di quella specie che, se fosse stato per la Lega, sarebbe già sulla via dell'estinzione. E che ieri ha conquistato i riflettori denunciando di essere stato vittima del presunto calciomercato dei parlamentari.

Dall'Africa al tentativo di aggancio
Bucchino ha raccontato infatti di essere stato avvicinato da un esponente di un partito sconosciuto ai più per fare il salto della quaglia. Mettendosi in tasca, come premio, la sicura rielezione e 150mila euro per le spese elettorali. Ma lui ha risposto picche e ora si dice pronto a riferire tutto ai magistrati. Che, per la verità, sulla compravendita di deputati hanno già acceso un faro, ancora prima della denuncia del medico-italo canadese. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo «senza iscrizioni di indagati o ipotesi di reato» in relazione a quanto denunciato ieri dal deputato del Pd. Al momento, dice l'Ansa, il dossier è composto da articoli di stampa ma non è escluso che possa finire nel fascicolo anche la denuncia presentata ieri dal senatore Antonio Di Pietro.

Il senatore del Pd dice di non avere mai visto una cosa così, anche se è un uomo di mondo. E non solo metaforicamente parlando. Perché Bucchino è stato nel 1977 professore di Anatomia a Mogadiscio, cofondatore, agli inizi degli anni '80, con la consorte (anche lei sedotta dal giuramento di Ippocrate) di un programma italo-venezuelano di lotta all'Aids e ancora a Nebbi, in Uganda, nel 2001 come responsabile di un progetto di sviluppo sanitario europeo.

L'orgoglio di essere eletto all'estero
«Ho sempre pensato alla medicina non solo come un lavoro ma anche come un mezzo eccezionale per testimoniare solidarietà e offrire aiuto ai più bisognosi», disse un po' di tempo fa. Bucchino mostra l'orgoglio tipico di chi ha dovuto lasciare, forse a malincuore, il proprio paese e ora si ritrova nel tritacarne parlamentare che non è mai stato tenero con gli eletti all'estero. Considerati onorevoli d'accatto, pronti ad abbracciare questa o quella causa per una buona contropartita. Sarà per via dei troppi scandali che li hanno investiti (da ultimo il caso dell'ex senatore Nicola Di Girolamo, accusato anche di aver violato la normativa elettorale "con l'aggravante mafiosa"), ma anche di un sistema (fondato sul voto per corrispondenza) che certo non garantisce la massima trasparenza.

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Da 40 anni sempre a sinistra
Ma Bucchino davvero non ci sta e in parlamento rivendica la tutela della sua onorabilità. «In questi mesi - continua a ripetere - qualcuno sta giocando sporco con questo diritto di partecipazione all'estero, per colpa di fatti passati e recenti che riguardano senatori della nostra repubblica». Lui non si sente un politico improvvisato.. «Se mi chiedete da quando ho abbracciato la linea del Pd - ha detto ieri in conferenza stampa - vi rispondo pochi anni fa. Ma sono almeno 40 anni che voto a sinistra». Insomma, non proprio l'ultimo parvenu nell'opposizione e forse sarà per questo che la richiesta di passare al gruppo dei responsabili, nuovo puntello della maggioranza, non l'ha nemmeno contemplata. E l'ha rispedita al mittente con garbo e un invidiabile aplomb. Però quando oggi, in aula, il capogruppo dei responsabili, Luciano Sardelli, dopo averlo accusato di aver mentito, ha rivelato che alcuni suoi colleghi sono costretti a girare sotto scorta, l'onorevole italo-canadese ha tirato fuori gli artigli e soprattutto l'ironia. «I colleghi del gruppo dei responsabili hanno parlato di un serio rischio e della necessità di essere scortati, io non chiederò di essere "escortato", pardon scortato...».

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