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Francisco Macías Nguema (Guinea Equatoriale)

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2011 alle ore 16:53.

Dopo aver fatto carriera negli apparati coloniali franchisti della Guinea Equatoriale, che era allora spagnola, Francisco Macías Nguema, diviene il primo presidente del suo paese, quando questo ottiene l'indipendenza da Madrid, nel 1968. Sotto la sua guida dittatoriale, la Guinea Equatoriale si avvita in un decennio abbondante di orrore. Circa centomila persone, equivalenti a un terzo circa della popolazione dello Stato africano, sono vittima del regime o decidono di andarsene all'estero. Intanto. Macías Nguema correda il suo nome di decine di titoli tonitruanti, tra cui "Miracolo Unico" e "Gran Maestro dell'Educazione, la Scienza e la Cultura", e ingaggia un duello con la Chiesa Cattolica, i cui sacerdoti sono restii a iniziare le celebrazioni religiose con la frase "Dio creò la Guinea Equatoriale grazie a Macías, senza Macías la Guinea Equatoriale non esisterebbe". La crescente psicosi per la propria sicurezza fa sì che il dittatore trasferisca la sua residenza dalla capitale Malabo, posta sull'isola di Bioko (precedentemente chiamata Fernando Poo), alla principale città sulla terraferma, Bata, poi a Mongomo, di cui è stato sindaco sotto gli spagnoli, e infine a Nzang Ayong, suo paese di origine.

Il 3 aprile del 1979 Macías è deposto da un colpo di Stato militare guidato da Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, nipote del dittatore e a lungo suo collaboratore (ancora oggi in carica come presidente, Obiang è a sua volta diventato un autocrate). Alcune fonti, riportate nel libro "Pagliacci e mostri" di Albert Sánchez Piñol (pubblicato in italiano da Scheiwiller), sostengono che "Obiang ne avesse fin sopra i capelli di essere obbligato a lavare l'automobile dello zio in uniforme da tenente colonnello". Perso il potere, Macías cerca la fuga nella foresta, portando con sé una valigia di soldi. Dopo qualche giorno è colpito a una spalla ed è catturato. Gli viene intentato un breve processo nella sala dell'ex cinema Marfil, a Malabo. Macías, rinchiuso in una gabbia appesa al soffitto, è giudicato davanti a 1500 persone in un procedimento durato qualche giorno per genocidio, omicidio di massa, appropriazione indebita, violazione dei diritti umani e altre imputazioni. L'ex dittatore è condannato a morte 101 volte. Al momento della fucilazione – così dice la leggenda nera che accompagna Macías anche in punto di morte – nessun suo concittadino osa eseguire la sentenza, a causa di presunti poteri magici attribuiti al tiranno. Si occupa di giustiziarlo un plotone della guardia presidenziale composto da marocchini.

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Tags Correlati: Albert Sánchez Piñol | Chiesa cattolica | Fernando Poo | Francisco Macías Nguema | Gran Maestro | Malabo | Miracolo Unico | Politica | Teodoro Obiang Nguema Mbasogo

 

Slobodan Milosevic

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