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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2011 alle ore 08:33.

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Eleonora Scroppo, Nada Cella, Serena Mollicone, Lidia Macchi, Laura Bigoni, e Alberica Filo della Torre. Sono alcuni dei casi di cronaca nera degli ultimi anni rimasti ancora insoluti.

ELEONORA SCROPPO
Eleonora Scroppo ha festeggiato da qualche giorno i cinquant’anni. Ha una laurea in Farmacia ma insieme al marito ingegnere, Stefano Ciampini, gestisce l’agenzia assicurativa creata dal padre. È il 9 ottobre 1998. Ora di cena. Nella villetta di via Due Ponti, Roma Nord, Eleonora sta cenando con il marito e con il figlio Andrea, vent’anni circa. L’altro figlio Francesco non è casa, si sta dedicando a degli allenamenti sportivi. In tavola c’è la fonduta. Alla televisione scorrono immagini che riguardano un caso di cronaca nera che ha appassionato l’Italia, quello di Marta Russo. Improvvisamente sette spari dal giardino. I proiettili calibro 7,65 entrano dalla finestra. Due colpiscono Eleonora e la uccidono. Stefano e Andrea sono illesi per caso. Le indagini cercano di trovare un possibile movente, un possibile assassino. Scandagliando il lavoro di assicuratori di Eleonora e Stefano non si trovano spunti convincenti. L’ipotesi di delitto passionale non ha appigli. Grattando la superficie di nitore della famiglia Ciampini non si trova nulla che la possa increspare. Qualche mese dopo un vicino ex attore, forse risentito nei confronti della coppia, suscita l’interesse degli investigatori. Ma anche in questo caso non si trova la soluzione del caso. Il nome dell’assassino di Eleonora Scroppo è ancora sconosciuto.

NADA CELLA
Nada Cella ha venticinque anni. Ogni mattina va al lavoro nello studio del commercialista Marco Soracco. L’ufficio è a Chiavari, in via Marsala, una delle stradine anguste che formano il centro del paese ligure. Il 6 maggio del 1996 Nada arriva al lavoro un po’ prima del solito. Alle 9 entra in studio anche Soracco, un trentaquattrenne timido che vive con la mamma e la zia nello stesso stabile. Qualche minuto dopo il commercialista trova la sua dipendente che agonizza in una pozza di sangue. Chiama il 113. Nelle ore successive Nada muore in ospedale, mentre le parenti di Soracco ricevono l’autorizzazione a lavare le scale davanti alla porta dell’ufficio. Si ristabilisce il decoro del palazzo ma forse si cancellano tracce importanti. Nada è stata uccisa con un corpo contundente pesante. La sua testa è altre parti del corpo sono state percosse con molta forza. L’arma del delitto rimane sconosciuta. Si indaga a vario raggio. Ogni pista dura poco più dello spazio di un mattino. Si valuta la posizione di alcune donne che avrebbero potuto avere un movente passionale. Niente. Si indaga, un po’ più a lungo, anche su Soracco. Ma anche l’ipotesi che l’assassino sia proprio il datore di lavoro di Nada sarà accantonata. La scoperta dei delitti del serial killer Donato Bilancia, molto attivo sulla costa ligure, suscita una breve suggestione, ma niente di più. Compare per scomparire presto anche il nome di un uomo che ha assassinato in zona una prostituta. Per poco più di un attimo si proverà anche a legare l’assassinio di Nada alle attività di un’associazione criminale albanese. Ma anche questa intuizione non troverà conferme. Il nome dell’assassino di Nada Cella è ancora sconosciuto.

SERENA MOLLICONE
Serena Mollicone ha diciotto anni. Vive ad Arce nel frusinate. Suo padre Guglielmo, maestro, ha una cartoleria. Il primo giorno di giugno del 2001 Serena non va a scuola. In mattinata deve andare all’ospedale di Isola del Liri, paese nelle vicinanze. Deve fare una radiografia ai denti. Dal momento in cui Serena esce dall’ospedale di lei non si sa più nulla o quasi. Le notizie sui suoi spostamenti, sul suo percorso di ritorno verso Arce, su sue eventuali soste in qualche bar, su suoi eventuali incontri fortuiti o previsti sono confuse. Basate su testimonianze e avvistamenti non troppo precisi. Due giorni dopo il corpo di Serena viene trovato in un bosco in località Anitrella. Ha le mani e i piedi legati. La sua testa è stata colpita con qualcosa di pesante e poi infilata in un sacchetto di plastica. Le indagini non sono mai terminate. I sospetti hanno lambito varie persone, poi si sono appuntati su un carrozziere della zona, già testimone nella vicenda, Carmine Belli. Nella sua officina è stato trovato un talloncino riconducibile alla visita odontoiatrica fatta da Serena il giorno della scomparsa. Belli, dopo un anno e mezzo di carcere, sarà scagionato. Le indagini sono state accompagnate dalla periodica comparsa di zone oscure e di dettagli inspiegabili. Il telefono cellulare di Serena, a sua volta scomparso, sarà misteriosamente ritrovato in un cassetto di casa Mollicone, come se qualcuno ce lo avesse messo in un secondo momento. A lungo corrono voci su una serie di presunti depistaggi, intrecciati a vicende inconfessabili di provincia. Nell’aprile del 2008 il suicidio di un brigadiere che era stato da poco sentito nel corso di un ennesimo tentativo di risolvere l’omicidio di Serena, fa pensare all’esistenza di segreti incancreniti dal tempo e sempre più difficili da custodire. Tra molti segreti presunti, uno è certo: il nome dell’assassino (o degli assassini) di Serena Mollicone è ancora sconosciuto.

MARA CALISTI
Mara Calisti ha 36 anni. Vive a Todi con il padre, ex bidello, e con la famiglia della sorella Rita, che fa la pediatra. Mara lavora come impiegata in uno studio legale. Qualche lavoro serale di pulizia per rimpinguare lo stipendio. Ha una passione per la montagna. Una notte di metà luglio del 1993 Mara riceve una coltellata al petto nel corridoio del suo appartamento. La sorella e la sua famiglia sono fuori città. Il padre è un po’ duro d’orecchi e sta dormendo nella sua camera. Mara si trascina nella stanza del genitore. Fa in tempo a dirgli: “Papà, guarda cosa mi hanno fatto”. Poi muore. Mara è in mutande e reggiseno. Nessuno ha suonato il campanello. La porta e il portone non sono stati forzati. Quasi sicuramente Mara ha aperto la porta a chi l’avrebbe ammazzata. Quasi sicuramente l’ospite è una persona a cui potersi presentare in déshabillé nel cuore della notte. Un medico, presunto amante di Mara – non si saprà se si tratti di una vera relazione o di una storia sentimentale ricamata al punto croce delle voci di paese – ha un alibi convincente. Nessuna altra ipotesi trova conferme. Qualche anno dopo si ritrova sospettato anche l’anziano padre di Mara, forse soltanto per mancanza di idee migliori da parte degli investigatori. Sarà presto scagionato. Il nome dell’assassino di Mara Calisti è ancora sconosciuto.

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