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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2011 alle ore 14:39.

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Pechino, la sede del Parlamento in Piazza Tienanmen dove si svolgerà il Congresso- AfpPechino, la sede del Parlamento in Piazza Tienanmen dove si svolgerà il Congresso- Afp

SHANGHAI – Bilanciare la crescita economica. Colmare il divario di ricchezza tra ricchi e poveri. Riformare il sistema finanziario. Abbattere i monopoli. Rafforzare il welfare state. L'Assemblea Nazionale del Popolo, la sessione annuale del parlamento cinese che aprirà i lavori domani a Pechino, si prepara a discutere un'agenda ambiziosa e impegnativa. E a mettere i sigilli al Dodicesimo Piano Quinquennale contenente le linee di sviluppo dell'economia cinese da qui al 2015.

Perché le rivolte in Nord Africa segnano la grande svolta della Cina sul fronte della politica estera (di Sara Cristaldi)

La maratona legislativa di dieci giorni che attende i 3mila delegati arrivati nella capitale da tutte le zone del paese si svolgerà in un clima di alta tensione e di massima allerta. Sebbene il copione confezionato dalla nomenklatura per il grande happening politico di primavera preveda il consueto quadretto idilliaco, in cui i delegati delle "minoranze etniche" dai volti felici e sorridenti, agghindati a festa nei loro costumi tradizionali, fanno la parte del leone, dietro le quinte c'è molta preoccupazione.

La ragione è semplice: nelle ultime due domeniche di febbraio, alcuni misteriosi organizzatori (probabilmente dissidenti cinesi che vivono all'estero) hanno indetto via internet delle manifestazioni di piazza nelle principali città del paese. La risposta di popolo alla "protesta dei gelsomini" (così gli oscuri registi dell'iniziativa hanno battezzato il neonato movimento anti-regime ispirandosi alle rivoluzioni popolari esplose nel mondo arabo) è stata pressoché nulla.

Tuttavia, grazie all'eccesso di zelo delle forze di sicurezza che a Pechino, pur in assenza di manifestanti, sono riuscite a scatenare da sole un Quarantotto, l'evento c'è stato. E ne ha parlato il mondo intero. Ma quel che è peggio è che i gelsomini cinesi, infischiandosene della sacra riunione marzolina del parlamento, hanno deciso di riprovarci convocando per domenica un'altra pacifica adunata popolare in un centinaio di città del paese.

Può sembrare un paradosso, ma gli argomenti all'ordine del giorno dell'Assembla Nazionale del Popolo che oggi va a cominciare, rappresentano implicitamente una risposta al malcontento serpeggiante nel paese che il movimento dei gelsomini cinesi sta cercando di cavalcare.

Certo, i delegati convenuti a Pechino non parleranno di democrazia, di pluralismo o di libere elezioni. Ma parleranno comunque di altre questioni come l'inflazione, la crescita sostenibile, la lotta alla corruzione, che stanno a cuore della gente. E che, oggi come cinquecento anni fa, se mal gestite, possono diventare la scintilla fatale in grado di destabilizzare la Cina.

Gli imperatori contemporanei, incarnati nella Quarta Generazione di comunisti cinesi, sono consapevoli del pericolo mortale che minaccia l'egemonia del partito unico. Per questo motivo, fin dal primo giorno del loro insediamento al potere, otto anni fa esatti, l'attenuazione delle disparità sociali è stata la stella polare della loro azione politica.

La creazione di una "società armoniosa", nella quale i conflitti tra le stesse classi che Mao pensava di aver abbattuto e superato dialetticamente cinquant'anni prima, è diventata una priorità strategica del tandem di governo formato dal presidente, Hu Jintao, e dal primo ministro, Wen Jiabao.

Tuttavia, nonostante l'enorme sforzo politico-teorico profuso dalla leadership cinese in questa direzione, le evidenze empiriche dicono che la "società armoniosa" è rimasta un bello slogan propagandistico, e che il divario di ricchezza interno al paese si è addirittura allargato: il coefficiente di Gini (l'indice che misura la distribuzione del reddito) elaborato dalla Banca Mondiale dimostra che oggi la Cina è una delle società più ineguali del pianeta.

Ciononostante, Hu Jintao non demorde e prosegue sulla sua strada. Il Dodicesimo Piano Quinquennale (di cui per ora si conoscono solo le linee generali elaborate dal Comitato Centrale del Partito) che l'Assemblea del Popolo discuterà nei prossimi giorni dovrebbe infatti contenere tutta una serie di indicazioni per raggiungere un obiettivo strategico prioritario per il mantenimento della pace sociale nel paese: assicurare alla Cina un'espansione economica costante di lungo termine.

«La futura crescita cinese dovrà dipendere meno dalle esportazioni e più dai consumi interni, ma affinché ciò si realizzi il governo deve essere pronto ad accettare tassi di sviluppi più bassi rispetto al passato», avverte Ken Peng, economista di Citi. È esattamente ciò che pensa Wen Jiabao: il premier, infatti, ha già annunciato che per il quinquennio 2011-2015 il target di espansione del prodotto interno lordo sarà del 7% annuo, inferiore di mezzo punto rispetto al Piano precedente.

Mentre nelle maglie del web il fantomatico movimento dei gelsomini mette a dura prova i nervi di Pechino, è questa l'eredità che l'attuale leadership vorrebbe lasciare alla Quinta Generazione di comunisti cinesi alla quale passerà il testimone del potere al Diciottesimo Congresso del Pcc nell'ottobre del 2012.

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