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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2011 alle ore 11:24.

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Frattini: le nostre basi disponibili, l'Italia conosce la Libia meglio di altri. La Russa: non sarà un nuovo AfghanistanFrattini: le nostre basi disponibili, l'Italia conosce la Libia meglio di altri. La Russa: non sarà un nuovo Afghanistan

«Noi», ha spiegato il titolare della Farnesina alludendo all'Italia, «abbiamo delle conoscenze migliori di altri e infatti siamo spesso richiesti in queste ore conoscendo coloro che sono lì. Conosciamo sicuramente l'ex ministro della Giustizia, che ora è a capo del Consiglio provvisorio di Bengasi, lo conosciamo bene per i rapporti dell'Italia con la Libia. Conosciamo quella rete di ambasciatori libici che ha detto che da ora loro sono al servizio del popolo libico e non più del regime». Alcuni di loro, ha aggiunto, «stanno esercitando un'azione importante per coagulare il consenso. Noi lo facciamo, ma lo facciamo discretamente. Questa credo che sia la situazione migliore».

Il riferimento di Frattini è a un team diplomatico britannico arrivato per stabilire contatti con l'opposizione a Bengasi, la seconda città della Libia, che però - ha fatto sapere Londra - ha dovuto lasciare il Paese dopo «aver incontrato problemi». L'opposizione libica ha fatto sapere che sono stati arrestati e detenuti per diversi giorni, perché entrati in Libia «in modo informale e senza alcun accordo preventivo».

La Russa: «La Libia non sarà un nuovo Afghanistan»
«La Libia non sarà un nuovo Afghanistan. Capisco che cosa intende dire il ministro dell'Interno Roberto Maroni, ma le due situazioni non sono comparabili». Lo afferma il ministro della Difesa Ignazio La Russa in un'intervista al quotidiano "Il Mattino", riferendosi alle parole di Maroni sul rischio di infiltrazioni terroristiche e sulla necessità di evitare che la Libia si trasformi in nuovo Afghanistan. «La situazione afghana è molto complessa - spiega La Russa - è un'area difficilmente penetrabile anche per la sua conformazione geografica». Riguardo allo stato di allerta delle basi militari italiane, La Russa sottolinea che «ai nostri confini è sempre operante un sistema di difesa». «Ma - aggiunge - non darei una eccessiva valenza di pericolosità a quanto ha detto il leader libico. La mia preoccupazione principale sono le missioni umanitarie. Con una operazione velocissima, efficiente e meritoria siamo riusciti a rimpatriare 1500 persone. Non abbiamo avuto bisogno di usare la forza». All'ipotesi dell'intervento militare, La Russa replica spiegando che «al momento sono solo illazioni». La parola, comunque, aggiunge, «spetta agli organismi internazionali».

Maroni: resta il rischio di invasioni di massa, da soli non possiamo farcela
«La cosa che mi preoccupa di più è che abbiamo notizia» che nei porti meridionali della Tunisia «sono riapparse quelle organizzazioni criminali che operavano prima in Libia e che facevano partire da lì i clandestini». È quanto affermato dal ministro dell'Interno Roberto Maroni, a margine del Consiglio federale della Lega in via Bellerio, a Milano. Maroni ha nuovamente evocato il «rischio di invasione di massa dovuta ad una crisi perdurante del Maghreb». «La Libia è in fiamme - ha osservato - la Tunisia non riesce più a controllare le coste e in Egitto si torna a sparare». I trafficanti di immigrati «si stanno ora riposizionando in quelle località». «Abbiamo segnalazioni di migliaia e migliaia di giovani - ha spiegato il ministro - che si dirigono verso i porti di Zarzis e Djerba, nel sud della Tunisia». Le autorità tunisine e le forze di sicurezza, ha spiegato, «fanno quello che possono». «Noi siamo in contatto con loro, ma non è sufficiente - ha aggiunto Maroni - occorre un impegno significativo di tutti i Paesi europei, perché altrimenti il flusso non avrà fine e l'emergenza è destinata a continuare». «Gli sbarchi di questa notte dimostrano che l'allarme che abbiamo lanciato era assolutamente fondato», ha continuato Maroni.

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