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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 08:57.

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Ancora bombe, Gheddafi disposto a lasciare in cambio di un salvacondotto (AP)Ancora bombe, Gheddafi disposto a lasciare in cambio di un salvacondotto (AP)

«Se Muammar Gheddafi lascia il paese entro 72 ore, e ferma i bombardamenti, noi non lo perseguiremo» per i suoi crimini. Lo ha detto alla tv satellitare Al Jazira il capo del Consiglio nazionale provvisorio libico, costituitosi a Bengasi, l'ex ministro della giustizia Mustafa Abdel Jalil. Lo stesso leader libico aveva suggerito agli insorti una soluzione di questo tipo, ovvero una sua uscita di scena in cambio di garanzie sull'incolumità sua e dei suoi familiari e sul proprio patrimonio e con l'assicurazione che non sarà portato davanti a un tribunale.

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La conferma del consiglio nazionale libico
La televisione di stato ha smentito, com'era prevedibile, ogni voce di trattativa ma Mustafa Gheriani, uno dei portavoce del Consiglio nazionale libico, ha confermato di aver «ricevuto un contatto da un rappresentante di Gheddafi per una trattativa» sulla sua uscita di scena, offerta che è stata rifiutata.

Bombardato l'impianto petrolifero di Ras Lanuf
Non cessano, intanto, le violenze. L'aviazione di Gheddafi è tornata a colpire l'hub petrolifero di Ras Lanuf. Bersagliati dall'aviazione i ribelli hanno anche il timore di rimanere senza combustibile nel giro di una settimana, a causa della cessazione delle attività nelle raffinerie della regione. Un ufficiale dello stesso governo, Tarek Bu Zaqiya, ha ammesso che ci sono scorte solo per una settimana, precisando che «c'è un piano per far fronte al problema», senza però volerne precisare i dettagli. Secondo Gulf News, alcune fonti del governo di Bengasi hanno ipotizzato l'invio in Libia di combustibile dall'Italia.

Granata davanti all'hotel dei giornalisti
Una granata è esplosa questa mattina all'ingresso di un hotel di Bengasi dove alloggiano alcuni giornalisti stranieri: lo ha riferito Pascale Harter, reporter della Bbc che alloggia nello stesso albergo. Secondo quanto raccontato dalla giornalista, si tratterebbe di un «messaggio» inviato da gruppi fedeli al colonnello Muammar Gheddafi sulla loro vigorosa presenza in città, nonostante il profilo basso tenuto in questi giorni.

Nato pronta all'intervento militare
Intanto resta teso il fronte diplomatico. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno intensificato le pressioni per cercare di scongiurare lo spettro di una lunga guerra civile. La Nato non ha escluso un intervento militare su mandato Onu o in accordo con la Lega Araba e l'unione Africana. Intanto, Francia e Gran Bretagna hanno premuto per preparare una bozza di risoluzione da presentare «entro breve tempo» in Consiglio di Sicurezza, con l'obiettivo di creare una no-fly zone sul paese Nordafricano.

«La Nato sta considerando diverse opzioni, compresa la possibilità di operazioni militari» in Libia, ha confermato il presidente americano Barack Obama, che deve far fronte però alle resistenze della Russia. Il presidente, in ogni caso, non vuole fare della Libia un nuovo Iraq e non intende dare l'impressione al mondo intero di volere una guerra «occidentale» per il petrolio. E infatti, l'inquilino della Casa Bianca starebbe premendo per un coinvolgimento della Lega Araba e dell'Unione africana.

Aperture della Lega Araba (vertice straordinario venerdì) sulla no-fly zone
I ministri degli Esteri della Lega Araba terranno questo venerdì una riunione straordinaria per discutere della crisi in Libia. Lo rendono noto fonti dell'organismo panarabo. Dalla Lega Araba sarebbe comunque già arrivato il consenso per l'imposizione di una no fly zone. Il suo segretario generale Amr Moussa si è detto favorevole durante un incontro con il ministro degli Esteri francese Alain Juppé. E anche i paesi arabi del Golfo si sono dichiarati favorevoli all'applicazione di una zona di interdizione al volo dell'Onu sulla Libia. «I Paesi del Consiglio per la Cooperazione del Golfo chiedono al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di adottare le misure necessarie per proteggere i civili in Libia, ivi compresa la creazione di una zona di interdizione al volo», si legge in un comunicato dell'organizzazione, che comprende Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein.

Le ipotesi di mediazione internazionale
Ieri, intanto, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon ha nominato l'ex-ministro degli esteri giordano Abdelilah Al-Khatib suo inviato speciale per la Libia ed è arrivata a Tripoli la prima missione Ue, guidata dall'italiano Agostino Miozzo, ufficialmente per verificare la situazione dei cittadini dell'Unione. Anche l'inviato speciale del ministro degli Esteri, Margherita Boniver, nel quadro della missione al campo profughi di Shousha allestito al confine tra Tunisia e Libia, avrà una serie di incontri bilaterali con le principali istituzioni internazionali e governative coinvolte. La settimana prossima dovrebbe arrivare una delegazione dell'Alba, il gruppo di paesi che fanno capo a Hugo Chavez, per vedere se la proposta del presidente venezuelano di formare una commissione internazionale di mediazione (forse guidata dall'ex presidente brasiliano Lula da Silva) ha qualche chance o se è velleitarismo puro.

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