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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2011 alle ore 09:31.

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La Ue: Gheddafi se ne vada. Nella foto il leader libico, Muhammar Gheddafi (Ansa)La Ue: Gheddafi se ne vada. Nella foto il leader libico, Muhammar Gheddafi (Ansa)

BRUXELLES - Riunita al vertice straordinario di Bruxelles, l'Europa dei 27 torna a fare la voce grossa contro la Libia di Muammar Gheddafi e i suoi attacchi contro la popolazione civile: «Gheddafi non è più il nostro interlocutore legittimo, Gheddafi deve cessare dall'uso della forza contro i civili se vuole evitare gravi conseguenze, Gheddafi se ne deve andare».
Per ora non si va oltre le parole. Niente bombardamenti mirati, come auspicavano il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico David Cameron. Niente "no-fly zone" per impedire all'aviazione del colonnello di attaccare gli insorti.


Alla fine di una discussione estremamente accesa, che ha visto la maggioranza del leader europei schierarsi sulle posizioni di estrema cautela del cancelliere tedesco Angela Merkel, il vertice si è perfettamente allineato sulle posizioni emerse, alla vigilia, dalla doppia riunione dei ministri degli Esteri Ue e del ministri della Difesa della Nato. In concreto «saranno esaminate tutte le opzioni» si legge nella dichiarazione finale, quindi compresa anche quella militare, a patto che si verifichino tre condizioni, esattamente le stesse elencate giovedì da Anders Fogh Rasmussen, il segretario generale della Nato: stato di necessità manifesta, base legale e supporto regionale.

In breve, qualsiasi azione bellica dovrà avere l'avallo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e quello di Lega Araba e Unione africana. Anche Sarkozy e Cameron alla fine si sono allineati: niente solitarie fughe in avanti.
Per ora "wait and see" per tutti. Catherine Ashton, l'Alto Rappresentante Ue per la politica estera domani sarà al Cairo per incontrare Amr Moussa, il segretario generale della Lega Araba. Nelle prossime settimane si terrà poi un vertice trilaterale tra Unione europea, Lega e Unione africana per discutere della questione libica, ha annunciato il presidente della Commissione Ue.
Josè Barroso si è detto pronto ad aumentare il volume degli aiuti umanitari, oltre i 37 milioni già stanziati, e ad appoggiare la transizione dei paesi nordafricani verso democrazie e sviluppo economico «dando di più e chi farà più riforme». Al tempo stesso ha invitato l'Unione europea «a dimostrare autentica solidarietà anche in termini di burden sharing» in caso di grandi ondate migratorie verso l'Ue. Italia in prima linea.

Nonostante le insistenze di Sarkozy e il suo riconoscimento unilaterale, il giorno prima, del Comitato nazionale di transizione (Cnt), il resto dell'Unione non l'ha seguito, ritenendo il gesto per ora prematuro. Il che non ha impedito ai 27 di «incoraggiare il Comitato nazionale di transizione che considera un interlocutore politico».
Dove il vertice ha sfiorato la rissa, tanto che la sessione libica è durata due ore più del previsto, è stato sulla questione dell'intervento militare. «Ci sono molte divergenze tra noi» ha riassunto alla fine il lussemburghese Jean-Claude Juncker. «Non è una discussione per l'Unione europea ma per Onu, Nato e Lega araba» ha tagliato corto lo svedese Fredrik Reinfeldt. «La menzione della no-fly zone sarebbe stata un segnale eccessivo di un potenziale intervento militare» per il polacco Donald Tusk.
«Anche con tutti i crismi del caso, resto fondamentalmente scettica su un intervento» ha precisato la Merkel. In alternativa all'uso delle armi, Cameron ha proposto l'inasprimento ulteriore delle sanzioni, con l'inclusione della società petrolifera nazionale libica nell'elenco delle altre cinque società e 27 esponenti del regime già colpiti da misure punitive.

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