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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 08:14.

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Per Costituzione e scuola 100 corteiPer Costituzione e scuola 100 cortei

In un milione secondo gli organizzatori (43mila per la questura) si sono dati appuntamento in contemporanea in un centinaio di piazze italiane e in diverse capitali europee per dire «è viva la Costituzione». Ma anche per puntare l'indice contro la «controriforma della giustizia» e denunciare i tagli del governo alla cultura e alla scuola.

Il corteo più imponente ha sfilato a Roma, dove dal palco di una piazza del Popolo gremita si sono alternati costituzionalisti, magistrati, insegnanti, artisti e giornalisti per leggere e commentare gli articoli della Costituzione italiana. In una piazza piena di gente che sventolava bandiere tricolori – ed ha intonato insieme al coro diretto da Marcello Bufalini il Và pensiero di Verdi, oltre al Dies irae di Mozart e l'Inno di Mameli – è stato letto il messaggio di adesione del presidente dell'Anm, Luca Palamara: «Oggi, più che mai siamo impegnati a difendere l'autonomia e l'indipendenza della magistratura nell'interesse della collettività».

Per il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia «il fatto che in piazza ci siano tanti italiani dimostra che avete capito che la cosiddetta riforma della giustizia in realtà è una controriforma». «Non è soltanto una ritorsione contro la magistratura - ha aggiunto Ingroia -. Se dovesse passare avremmo uno stato di diritto sfigurato nei suoi principi fondamentali disegnati dai padri costituenti. È in gioco l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, che non sarebbe garantita nel momento in cui il potere giudiziario venisse schiacciato da quello politico».

Proprio l'intervento del procuratore aggiunto di Palermo è stato fortemente criticato dalla maggioranza: «Ingroia è la più evidente dimostrazione del giudice al di sopra delle parti – ha commentato il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto –. Non si capisce come, di fronte a episodi così clamorosi di schieramento politico, l'Anm possa parlare di difesa di indipendenza dei giudici». Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: «I comizi di Ingroia preoccupano perché confermano un pericoloso intreccio tra una politica astiosa e minoranze di togati».

A Roma che ha ricordato con un minuto di silenzio le vittime del terremoto in Giappone, i manifestanti per il Costituzione day si sono trovato fianco a fianco con i libici che protestavano contro Gheddafi, e lo stesso copione è andato in scena a Londra. Sempre dal palco romano è arrivato anche l'annuncio dello sciopero generale della cultura contro l'ulteriore riduzione di risorse del fondo unico dello spettacolo disposto con il congelamento di altri 27 milioni. Mentre a Milano, dove hanno manifestato in 5mila (2mila per la questura) è intervento Dario Fo, che ha fatto uno show contro il premier Silvio Berlusconi, senza risparmiare critiche all'opposizione.

La manifestazione per la Costituzione «non è una piazza contro, è una piazza per l'alternativa, per un'Italia diversa» ha sostenuto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, sfilando al corteo romano insieme allo stato maggiore del partito: «C'è un grande movimento nel paese – ha aggiunto – i partiti devono affiancarlo, dargli una mano: politica e società civile si mettano insieme per una strada di speranza e ricostruzione». Poche bandiere di partito alla manifestazione nella capitale, alla quale hanno partecipato anche alcuni esponenti di Futuro e Libertà come Flavia Perina, Aldo Di Biagio e Antonio Buonfiglio.

«È una grande manifestazione di italiani liberi e diversi ideologicamente ma uniti dal patrimonio immateriale essenziale dell'essere italiani», ha spiegato Fabio Granata. Mancava il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro che da Napoli – dove ha presentato la candidatura di Luigi De Magistris – ha accusato l'esecutivo: «invece di occuparsi della grave crisi economica che sta piegando il paese, pensa a salvaguardare Berlusconi dai suoi guai giudiziari con i soliti provvedimenti ad personam». Nichi Vendola – assente perché bloccato a Bari – ha sottolineato: «Bisogna difendere con le unghie e con i denti la nostra Costituzione, la carta d'identità della nostra dignità».

E ieri ha rinnovato i suoi dubbi sulla riforma della giustizia del governo, Pier Ferdinando Casini: cambiare la Costituzione «non è un tabù» per il leader Udc, ma per farlo bene «ci vuole lo stesso bagaglio culturale che avevano i nostri costituenti», l'importante è che «non ci siano apprendisti stregoni ma persone serie».

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