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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2011 alle ore 06:38.

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A due anni dalla morte di Eluana Englaro nulla è cambiato sul terreno minato delle cure di fine vita. La politica continua a spaccarsi, come prima o ancora più di prima, sul testamento biologico. Il disegno di legge, approvato nel marzo 2009 al Senato, è da poco sbarcato nell'aula di Montecitorio, dove si è appena conclusa la discussione generale. Le votazioni, invece, cominceranno ad aprile, ma le fazioni restano arroccate alle posizioni di 24 mesi fa.
Da una parta la maggioranza che ha deciso di tirare avanti con il suo Ddl nonostante alcuni malumori al suo interno, tra tutti il ministro della Cultura Sandro Bondi che ha fatto un appello ai colleghi per cambiare rotta finché si è in tempo. Dall'altra il Pd, che ha chiesto di azzerare tutto e ripartire daccapo con un testo più condiviso e con l'Idv che ha promesso di dare battaglia in aula. In mezzo il terzo polo che si è subito diviso: con l'Udc, che in commissione Affari sociali ha già votato a fianco della maggioranza e si dice disponibile a un asse tra i cattolici e Fli, invece, che boccia il Ddl e chiede una «soft law».
Il testamento biologico – disciplinato per legge già in molti paesi (si veda la scheda a fianco) – è il documento, scritto, con il quale un cittadino può esprimere il proprio orientamento su terapie e trattamenti di fine vita in previsione di un'eventuale futura perdita della propria capacità di intendere e volere. In Italia è stato il caso di Eluana, la ragazza a cui nel febbraio del 2009 è stato staccato il sondino che la alimentava dopo la sentenza della corte di appello di Milano, a costringere il Parlamento a correre ai ripari. E da allora sono sempre due i nodi che continuano a dividere: il divieto di sospendere, se non in casi eccezionali, l'alimentazione e l'idratazione artificiali del paziente e il ruolo del medico, che nel testo attuale non è vincolato a seguire le volontà scritte nel biotestamento.
Due punti, sui quali, il nostro Parlamento ha deciso di piantare paletti più stringenti rispetto ad alcuni dei Paesi europei più vicini. Sicuramente rispetto alla Germania dove, dopo 6 anni di intensi dibattiti, è stata approvata una legge che impone ai medici di rispettare alla lettera i desideri dei pazienti. Così come accade in Inghilterra, dove le volontà dei pazienti devono essere considerate dai camici bianchi come se fossero espresse da persone nel pieno delle loro facoltà. La legge d'Oltremanica stabilisce anche che le cure di base - come essere riscaldato, riparato e nutrito - non possono essere rifiutate dai cittadini. Ma con la postilla importante che il paziente può invece rifiutare la nutrizione artificiale, che in Italia resta invece vietata dal testo all'esame della Camera. Un nervo scoperto, questo, che mise in crisi gli stessi Stati Uniti, dove il biotestamento è stato inventato, con il caso di Terry Schiavo a cui fu interrotta l'alimentazione e l'idratazione artificiale dopo una lunga battaglia giudiziaria. Su questo fronte, però, è lo stesso "padre" del Ddl a non transigere: «Sono forme di sostegno vitale: sospenderle o consentire l'autorizzazione alla loro interruzione – spiega il senatore Raffaele Calabrò (Pdl) che ha lavorato al testo – equivale a omicidio del consenziente o a suicidio assistito, vietati dal codice penale».

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