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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2011 alle ore 07:57.

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In Giappone paura del blackoutIn Giappone paura del blackout

dal nostro inviato Stefano Carrer
TOKYO - La paura di Tokyo non è la paura del mondo. Alle 15 e 47 di ieri, per una quindicina di milioni di giapponesi arriva una temuta notizia che fa dimenticare quanto accade ai reattori di Fukushima e tanto spaventa europei, americani e altri asiatici: il ministro dell'Economia Banri Kaieda annuncia che è in arrivo un blackout elettrico di proporzioni imprevedibili, poiché la domanda di energia, che aumenta nelle ore serali, ha già sfiorato in mattinata la capacità massima che la Tepco - la stessa utility che gestisce (male) Fukushima - può fornire nonostante un razionamento già in atto.

Negli uffici il lavoro si interrompe: sono gli stessi bucho, i capi, a invitare gli impiegati a sbrigare in fretta l'essenziale. Ci si precipita verso treni e metropolitane, temendo di non fare in tempo a tornare a casa. «Sono rimasta bloccata quasi tutta la notte sulla moquette di un albergo, il giorno del terremoto – afferma Satoko Tanaka, impiegata 33enne - non voglio ripetere oggi questa esperienza».

Bisogna fare tutti la propria parte per risparmiare energia: chi resta in ufficio si ritrova senza riscaldamento e con i gabinetti a luci spente. I gestori dei trasporti tagliano le corse: la ressa è da mattino presto. «Di solito salgo sulla carrozza riservata alle donne - prosegue Tanaka - ma da giorni non mi preoccupo più del chikan (la manomorta, ndr): penso che il pericolo sia calato al minimo, anche i sukebe (i pervertiti) saranno sotto stress». Cala il buio preventivo su una città famosa nel mondo per il turbinio multicolore delle sue insegne.

Alle 20 e 27 viene reso noto che la domanda di energia si sta approssimando ai livelli di guardia, come era successo già al mattino: annunci che vengono accolti con più apprensione di quelli riguardanti Fukushima. I kombini vengono di nuovo assaltati per fare incetta di vettovaglie. In vista del lungo weekend che si prolungherà al lunedì festivo, chi è a corto di contanti trova una brutta sorpresa ai bancomat della Mizuho: si digita a vuoto, l'aumento delle transazioni ha mandato in tilt il sistema della megabanca. Una città fiera della sua efficienza si riscopre caotica: troppe cose non funzionano, qui non si è abituati alla rassegnazione italiana. La sorpresa lascia spazio allo sconcerto e subito dopo alla volontà di precauzione: di sicuro alla riapertura i bancomat della Mizuho saranno sommersi di richieste e rischieranno un altro tilt. «Sono stata in coda 5 ore - dice Keiko Fukano, reduce dal Tokyo Passport Center - è per la mia anziana madre: s'è convinta a fare il passaporto, non si sa mai».

Va anche peggio agli stranieri che affollano all'inverosimile l'ufficio immigrazione, dalle parti di Shinagawa: chiedono il permesso di rientro, un'inutile e assurda complicazione burocratica che invano l'Ambasciata dell'Ue ha chiesto da anni al Giappone di abolire. Anche se hai il visto pluriennale, se esci non puoi più tornare se non hai messo sul passaporto il "bollino" del rientro multiplo. Sorge intanto il dubbio che certe ambasciate - britannica , australiana - sapessero qualcosa del rischio blackout: hanno invitato i connazionali ad andarsene da Tokyo, precisando che la raccomandazione non si riferisce tanto a un immediato pericolo radioattivo, ma al rischio di caos energetico e logistico.

Chi sta fuori dal Giappone ha invece ben altre preoccupazioni: la prima è che il governo giapponese e la Tepco non la raccontino giusta su Fukushima. Tutte le tv mondiali mostrano lo spettacolo del ricorso a mezzi sempre più disperati per cercare di raffreddare i reattori: elicotteri che rovesciano acqua dall'alto, camion con maxi-idranti progettati per spegnere incendi e non certo per abbassare la pressione in un impianto atomico. Dopo la Francia che continua a moltiplicare gli allarmi rossi irritando ormai visibilmente i padroni di casa, anche la Cina si è messa a chiedere più chiarezza: una portavoce del ministero degli esteri di Pechino ha detto di sperare «che il Giappone dica al mondo quanto sta avvenendo in maniera tempestiva e appropriata». I briefing che si moltiplicano per i giornalisti e il personale delle ambasciate straniere continuano a lasciare un senso di frustrazione.

Ieri pomeriggio, ad esempio, il vicedirettore generale della Nuclear and Industrial Safety Agency, Hidehiko Nishiyama, ha convocato una conferenza stampa. Il materiale distribuito si riferisce però alla situazione in prima mattina e l'oratore appare sfuggente su ogni domanda delicata. Quello che è sempre più evidente è la divergenza di valutazioni sulla gravità della situazione tra Tokyo e Washington, anche dopo la telefonata di mezz'ora tra il premier Kan e Barack Obama, che ha promesso ogni aiuto. Per il Dipartimento di stato e il Pentagono, l'area da considerare pericolosa attorno alla centrale è di 80 chilometri, mentre Tokyo resta a un raggio di 30. Ad ogni buon conto, i familiari dei diplomatici Usa sono stati autorizzati a partire, compresi quelli del consolato di Nagoya (350 km a sud di Tokyo).

Partito finalmente da Osaka (da ieri unica destinazione Alitalia sul Giappone) anche il gruppone del Maggio Musicale Fiorentino, che ieri avrebbe dovuto mettere in scena una "Tosca" scintillante in una grande serata di celebrazioni dell'Unità d'Italia. Ci ha pensato l'Istituto italiano di cultura, con un alzabandiera al mattino e il canto di "Fratelli d'Italia" da parte del maestro Ishihara nel tardo pomeriggio. Un momento breve, per spegnere presto le luci e offrire qualche panino in semioscurità agli impiegati della società di editoria medica al piano superiore, che non avevano fatto in tempo a prendere l'ultimo treno disponibile. Il buio si fa più fitto. Il blackout totale non arriva. Solo, verso le 22, un'altra scossa di terremoto di magnitudo 5.8.

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