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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2011 alle ore 15:29.

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Egitto: il sì al referendum costituzionale avrebbe ottenuto fra il 75 e il 90% dei consensi. Un seggio al Cairo, 19 marzo 2011 (EPA/AMEL PAIN)Egitto: il sì al referendum costituzionale avrebbe ottenuto fra il 75 e il 90% dei consensi. Un seggio al Cairo, 19 marzo 2011 (EPA/AMEL PAIN)

IL CAIRO - L'innaturale unione politica tra i Fratelli musulmani, il maggior partito di opposizione, al bando dal 1954, e i sopravissuti del Partito Nazionale Democratico dell'ex rais Hosni Mubarak, ha stravinto nel referedum costituzionale del nuovo Egitto. Una vittoria che apre nel giro di pochi mesi la via alle prossime elezioni politiche a settembre e successivamente a quelle presidenziali e mette il partito dei Fratelli musulmani al centro dello scenario politico egiziano. Secondo i dati ufficiali, diffusi dal presidente della commissione di supervisione del referendum, i "sì" hanno vinto hanno prevalso con il 77,2% dei voti mentre i "no" hanno incassato il 22,18% dei consensi. Altissima la partecipazione, che ha superato quota 60%.


Sconfitti dalle urne del primo test del nuovo Egitto escono i partiti laici, quelli del fronte del no dove si erano attestati i movimenti della rivoluzione, i partito all'opposizione all'epoca di Mubarak, come il Wafd di Al-Sayed Al-Badawy, il Ghad (Domani) di Ayman Nour, il partito di sinistra del Tagammu, i nasseriani. Il "No" aveva visto anche i potenziali candidati alla presidenza come Mohamed el Baradei, ex governatore dell'Aiea a Vienna e Amr Mussa, ex ministro degli Esteri e ora segretario generale della Lega Araba, il cui palazzo da proprio su piazza Tahrir, ombelico del mondo egizio.


Schierati per il "no" erano anche i cristiani copti ortodossi, soprattutto in funzione anti Fratelli musulmani, che chiedevano invece l'abolizione dell'articolo 2 della Costituzione, quello che indica nella sharia la legge ispiratrice della legislazione egiziana. Per i Fratelli musulmani, guidati da Mohamed Badie, è impensabile che il presidente, per loro anche capo della preghiera, possa essere un non musulmano.


Chi sosteneva il "no" puntava alla riscrittura integrale di una nuova Costituzione ritenendo insufficienti semplici interventi cosmetici sulla durata del mandato presidenziale che, dicono i sostenitori del no, lasciano intatti gli enormi poteri del presidente. Chi puntava al sì oggi canta vittoria perché vede una transizione in tempi brevi, poiché il voto spianererà la strada alle elezioni legislative e a quelle presidenziali, dove i Fratelli musulmani giocheranno la parte dei protagonisti .


Essam el Erian, portavoce dei Fratelli musulmani, alla vigilia del voto aveva detto che il suo gruppo sosteneva gli emendamenti, perché contribuiranno ad accelerare la transizione verso un governo civile ed eliminerà l'instabilità che danneggia l'economia, oggi in ginocchio. Gli attivisti del "no" invece respingevano le modifiche perché insufficienti nel promuovere la democrazia, e per i tempi troppo stretti della transizione che lascerà le forze tradizionali come la Fratellanza, e l'ex partito di governo di Mubarak a dominare il parlamento a spese degli attivisti che hanno guidato la rivolta popolare.
I Fratelli musulmani hanno messo in campo la loro potente organizzazione nel territorio che ha consentito di portare migliaia di persone ai seggi per la prima volta. Sono stati organizzati pulmini gratis per portare intere famiglie al voto e ci sono accuse, non dimostrate, di qualche voto di scambio. Tutto quindi secondo copione: caduto Mubarak arrivano i Fratelli musulmani a raccoglirne i vantaggi mnetre i giovani di Piazza Tahrir, senza tempo sufficiente per organizzarsi, perdono il primo round.

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