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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2011 alle ore 19:03.

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Il fuoco di contraerea sul cielo di Tripoli (Reuters)Il fuoco di contraerea sul cielo di Tripoli (Reuters)

Alla fine dovremo pur metterci d'accordo. L'operazione in Libia è Odissea all'Alba o Alba dell'Odissea? A scanso di equivoci continuiamo a chiamarla con il nome originale scelto dal Pentagono, quell'Odyssey Dawn che evoca sì forse la voglia di fare presto ritorno ad Itaca, ma anche la peregrinazione infinita, con i facili rimandi ai continui sbarchi dei migranti. In molti si chiedono: come viene scelto il nome delle operazioni militari?

La Francia, la prima a passare all'azione dopo aver giocato un ruolo decisivo spingendo il Consiglio di sicurezza dell'Onu ad autorizzare il ricorso alla forza contro le truppe del colonnello Gheddafi, l'ha battezzata in altro modo. L'ha chiamata Operazione Harmattan, dal nome del vento africano secco, caldo e polveroso: decisione presa dal Centre de planification et de conduite des opérations (Cpco), che dipende dallo Stato maggiore dell'esercito, ed è incaricato di scegliere i nomi delle operazioni militari. Segue alcuni criteri, a partire da un primo fondamentale: la neutralità. Nessun riferimento a immagini simboliche forti, che facciano pensare a una guerra ideologica, ma un nome semplice che renda il senso di una pianificazione militare ponderata.

D'altra parte non si tratta di un semplice battesimo. Dare il nome a un'operazione risponde a una logica amministrativa, facilita l'apertura di un teatro militare ed è la prima tappa nell'organizzazione delle operazioni. In questa scelta di neutralità, il Cpco francese evita qualsiasi parola che possa avere accezione negativa nel paese o nella regione dove si svolge l'operazione: opta spesso per nomi di animali della fauna locale o località geografiche.

Non tutte le operazioni vengono però chiamate in modo neutro
Nelle logiche massmediali il nome può diventare strumento di comunicazione e propaganda, sintetizzare lo scopo di una guerra, richiamare simboli precisi. Due settimane dopo gli attentati dell'11 settembre, gli Stati Uniti hanno fatto marcia indietro e ribattezzato la missione in Afghanistan Enduring Freedom (Libertà duratura): il nome scelto all'inizio era Inifinite justice (Giustizia infinita), ma era troppo schiacciato sullo scopo e alle orecchie del mondo musulmano suonava come rivincita. Un giornale iraniano aveva provocatoriamente suggerito il nome di Imperialismo infinito. I francesi – secondo questa logica della neutralità - l'hanno invece chiamata Pamir, come la catena montuosa della regione.

Spesso gli americani hanno compiuto una scelta ideologica del nome. Success si chiamava l'operazione in Guatemala del 1954, Urgent Fury la missione sull'isolotto caraibico di Grenada nel 1983, Just Cause l'invasione di Panama del 1989. Ma la lezione dell'Infinite justice è stata ricordata nella successiva invasione dell'Iraq nel 2003, portata avanti come Iraqi Freedom (Libertà per l'Iraq). Senza altri slogan da lanciare in pasto ai media, come si faceva quando venivano scelti nomi casuali, slegati dall'obiettivo, per non offrire al nemico alcun appiglio. Così nel 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia con l'operazione Husky, a Salerno con Avalanche (Valanga), e Winston Churchill scelse il titolo Overlord per lo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944. Agli attacchi aerei del 1972 sul Vietnam del Nord, Richard Nixon diede invece il nome di Linebacker, un ruolo difensivo del football americano. Mentre le altre operazioni condotte all'epoca del Vietnam si chiamavano Sea Tiger, Dragon Fire, Bear claw, Beaver Cage.


Non sono mancati certo i nomi che sono allegoria delle operazioni alla quali si riferiscono, come nel bombardamento di Amburgo del 1943, chiamato – termine oggi inflazionato - Gomorra. E spesso in queste scelte rientrano riferimenti biblici o religiosi, soprattutto per quel che riguarda le operazioni condotte nel Vicino e Medio Oriente. Le manovre missilistiche iraniane degli ultimi anni hanno avuto il titolo di Grande profeta (2006, 2007, 2009). Israele ha avuto operazioni Mosè e Salomone, anche se poi si è rivolto al meteo e alle stagioni: a Gaza, Summer rains (Pioggia d'estate) e poi Autumn clouds (Nuvole d'autunno) nel 2006, e Hot winter (Inverno caldo) nel 2008.


Quando le operazioni implicano la cooperazione di diversi paesi, il problema del nome si fa più complesso. Gli spiegamenti delle forze operative dell'Unione europea cominciano tutti con Eufor seguito dalla nome della regione dove hanno luogo. Ma anche in questo caso, ad esempio, la partecipazione francese prende un nome a sé: quella in Congo si chiama Benga. La stessa campagna può dunque prendere nomi diversi, a seconda dell'alleato che vi partecipa, come abbiamo visto per la missione in Afghanistan. La stessa Iraqi Freedom statunitense è stata per il Regno Unito l'operazione Telic. E la prima guerra in diretta tv, la guerra del Golfo che compie 20 anni, è conosciuta con il nome di Desert Storm. Per i britannici è stata però l'operazione Granby, per i francesi Daguet, e per gli italiani la traduzione letterale dell'originale: Tempesta nel deserto.


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