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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 09:28.
L'ultima modifica è del 31 marzo 2011 alle ore 09:29.

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Berlusconi: «Lampedusa sarà una Portofino»Berlusconi: «Lampedusa sarà una Portofino»

LAMPEDUSA. Il presidente pescatore parla a braccio stringendo un microfono in mano sul muretto che corre davanti il municipio di Lampedusa. Accanto a lui il gigantesco sindaco Dino de Rubeis e il governatore siciliano Raffaele Lombardo. Dieci minuti di annunci e soluzioni mentre il popolo di Lampedusa si spella le mani come se partecipasse a un talk show. L'attacco è berlusconiano: «Il presidente del Consiglio ha il vezzo di risolvere i problemi».

Un esordio che da la stura al piano messo a punto l'altro ieri sera dal premier con una serie di ministri. Primo: entro 48-60 ore sei navi passeggeri (ma sono in corso trattative per noleggiarne una settima) riporteranno tutti i migranti presenti a Lampedusa fino a un massimo di 10 mila nei centri di accoglienza sparsi per tutto il territorio nazionale.
«Tra 60 ore Lampedusa sarà abitata solo dai lampedusani», scandisce Berlusconi. Gli isolani urlano di gioia, ma il premier incalza con le decisioni assunte dall'Esecutivo: «Svuoteremo il centro di accoglienza e ci sarà sempre una nave attraccata al porto pronta a imbarcare i migranti che via via arriveranno».

Un risultato raggiunto grazie a un accordo con il governo tunisino che si è impegnato a sorvegliare porti e coste. Ma il governo italiano evidentemente non si fida fino in fondo e il Cavaliere aggiunge un'ideuzza che dovrebbe impedire ai tunisini di prendere il largo: «Stiamo cercando di comprare i pescherecci nordafricani per evitare che vengano usati dai trafficanti di migranti: magari, quando smetterò di fare il politico, deciderò anch'io di darmi al commercio di pesce fresco». Risate. I lampedusani non si rendono conto se è realtà o sogno. Silvio incalza: promette che potenzierà fognature, impianti di illuminazione e traccerà nuove strade. Lui intende trasformare Lampedusa in una piccola Portofino: «Ci vuole più colore, più pulizia e decoro: provvederemo a un rimboschimento dell'isola e da stamattina 140 militari del Genio sono al lavoro per ripulire la collina sopra il porto. Poi c'è la stagione turistica da preservare: abbiamo incaricato Rai e Mediaset di confezionare dei servizi per far sì che gli italiani vengano in questo paradiso». E ancora: «A Lamperdusa apriremo un casinò».

Sono già impegni rilevanti, che potrebbero placare il disagio di questi mesi terribili. Ma gli isolani fremono. Il presidente li tranquillizza annuendo e continua nel suo elenco. «Vi concederemo una moratoria fiscale, bancaria e finanziaria per il disagio che avete patito. Non ci siamo dimenticati neppure dei pescatori: siamo in contatto con l'Eni che fornirà benzina a basso prezzo e faremo in modo che il primo carico sia gratuito».

I lampedusani sono ipnotizzati come bambini al luna park. Il presidente finalmente annuncia: «Lampedusa diventerà una zona a burocrazia zero e chiederemo a Bruxelles l'istituzione di una zona franca nella quale non si paghino tasse per i prodotti importati ed esportati: per aprire un ristorante o un negozio basterà rispettare le leggi edilizie e sanitarie vigenti».
È quasi finita. Resta il tempo per comunicare che il governo sosterrà la candidatura al premio Nobel per la pace di Lampedusa e prenderà in considerazione – ma senza impegni vincolanti – la realizzazione di un campo da golf e una nuova scuola. Attimo di pausa. Berlusconi si rivolge a se stesso: «Ieri mi sono chiesto: come posso dare ai lampedusani la sicurezza che tutti questi piani saranno messi in pratica? Risposta: devo diventare lampedusano anch'io. Così mi sono attaccato a internet e ho scovato una casa bellissima a Cala francese: si chiama due palme e l'ho comprata. Adesso avete nel governo un interlocutore assolutamente interessato».

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