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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2011 alle ore 08:52.

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Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (Ansa)Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (Ansa)

È tornato dagli Stati Uniti con la convinzione che con questo clima permanente di «guerriglia politica» non si va molto lontano. Ancora una volta si rischia la paralisi istituzionale e legislativa, eventualità che Giorgio Napolitano aveva paventato già nelle scorse settimane. E la prima iniziativa è stata la convocazione al Quirinale prima dei capigruppo del Pdl Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, poi dei capigruppo del Pd Anna Finocchiaro e Dario Franceschini, e infine di quelli dell'Udc Gianpiero D'Alia e Pier Ferdinando Casini. Oggi con ogni probabilità, la consultazione proseguirà con gli altri gruppi.

Iniziativa in qualche modo obbligata, dopo la bagarre andata in scena alla Camera sul processo breve. Si è rischiata la rissa. Occorre in fretta porre un argine a tale grave degenerazione del confronto politico. Da qui l'invito prima di tutto al rispetto delle regole. L'iniziativa di Napolitano si legge dunque come una sorta di esplorazione preventiva, ed è al tempo stesso un altolà che giunge dal Colle. La giustizia è nuovamente al centro dello scontro, ma la preoccupazione del capo dello Stato va oltre. I suoi collaboratori invitano a rileggere con attenzione quel che Napolitano ha detto tre sere fa alla New York University: la malattia italiana è che «nessuno ascolta l'altro, non c'è più dialogo e questo determina una delegittimazione reciproca dei fronti in competizione e un grave indebolimento del nostro prestigio nel mondo».

La bagarre di Montecitorio è l'ennesimo segnale di una sorta di corto circuito, che i continui appelli al dialogo e a un confronto più civile provenienti dal Colle non riescono minimamente a scalfire. «Viviamo momenti difficili», ha ammesso il presidente. Per venirne a capo - continua a sostenere Napolitano - vi è una sola strada: individuare un percorso di confronto condiviso, precondizione indispensabile quando sono in gioco riforme istituzionali di interesse primario per il paese. Ma in questo clima è possibile ipotizzare che ciò avvenga?

Si torna a quanto Napolitano ha chiaramente espresso al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, con toni fermi fin dal colloquio dello scorso 11 febbraio. La preoccupazione deve essere comune «sull'asprezza raggiunta dai contrasti istituzionali e politici, e sulla necessità di un sforzo di contenimento delle attuali tensioni». Se questo sforzo, che evidentemente coinvolge tutte le parti in causa, non vi fosse allora sarebbe a rischio «la stessa continuità della legislatura». Un mese e mezzo dopo, eccoci nuovamente alla casella di partenza, senza peraltro che sia chiaro lo sbocco finale. Il tutto nel bel mezzo di una guerra in Libia e con l'emergenza immigrati da gestire.

Si registra con grande favore al Colle l'apprezzamento che Barack Obama ha espresso al nostro Paese «per la promozione della pace e della stabilità in tutto il mondo e per il costante appoggio alle operazioni in Libia sotto il comando della Nato». Nella cordiale telefonata Obama ha elogiato in particolare la «competenza e conoscenza dell'Italia in Libia». Apprezzamento diretto a Napolitano e al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, come si legge nella nota della Casa Bianca. Gli Stati Uniti intendono continuare «con consultazioni ravvicinate» tra i due governi, «in modo da agire per proteggere il popolo libico e far valere le risoluzioni 1970 e 1973 approvate dalle Nazioni Unite».

Nel corso della conversazione, Napolitano si è compiaciuto «per la calorosa e significativa proclamation dedicata dal presidente americano al 150° anniversario dell'unificazione italiana». Alle celebrazioni del prossimo 2 giugno prenderà parte una delegazione statunitense «ad alto livello». Tra i due presidenti si è instaurato un rapporto diretto improntato alla reciproca stima e cordialità, fin dal colloquio dell'8 luglio del 2009, in occasione del G8 all'Aquila, quando Obama definì Napolitano «uno straordinario gentiluomo, un grande leader di questo Paese».

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