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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2011 alle ore 10:16.
L'ultima modifica è del 02 aprile 2011 alle ore 09:18.

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Napolitano: Camere a rischio paralisiNapolitano: Camere a rischio paralisi

Il livello di guardia è stato raggiunto e per molti versi superato. Da qui l'allarme lanciato dal presidente della Repubblica, condiviso da tutte le forze politiche, senza peraltro che siano emerse finora possibili via di uscita. Ora l'invito che Giorgio Napolitano rivolge ai capigruppo convocati al Quirinale (ieri è stata la volta della Lega e dell'Idv) è di «essere conseguenti»: se effettivamente vi è la diffusa consapevolezza che con l'attuale clima di scontro non si va da nessuna parte e che dunque la legislatura è a rischio, si agisca di conseguenza.

È una sorta di «warning», un avvertimento dal tono sostanzialmente ultimativo quello inviato da Napolitano nel corso delle sue consultazioni informali al Colle. Occorre garantire la funzionalità delle Camere – ha ribadito – sia dal punto di vista dei numeri che da quello dei comportamenti dei singoli parlamentari. Il livello di scontro raggiunto alla Camera sul processo breve non è più replicabile. Riemergono tutte le incognite sulla possibilità che la legislatura possa chiudersi entro la scadenza naturale del 2013, che Napolitano ha reso esplicite lo scorso 12 febbraio. In quella occasione ha parlato chiaramente dell'ipotesi di elezioni anticipate, laddove lo stato di paralisi istituzionale e legislativa perdurasse ulteriormente. Ora siamo esattamente allo stesso punto.

L'appello a tutte le forze politiche è stato ancora una volta quello di tornare ad avere «il senso della misura», a far valere un atteggiamento di «reciproco ascolto», esattamente quel che è mancato finora. Napolitano ha espresso chiaramente nei suoi colloqui con i capigruppo, apertisi due sere con Pdl, Pd e Udc, la preoccupazione che il livello dello scontro salga ulteriormente quando la prossima settimana l'aula di Montecitorio tornerà ad occuparsi di processo breve. Se l'attività legislativa si blocca – questo il ragionamento del Capo dello Stato – è evidente che viene automaticamente meno «la ragione stessa» di mantenere in vita l'attuale Parlamento.

Napolitano ha ascoltato le ragioni degli uni e degli altri, e ha preso nota che, com'era prevedibile, la maggioranza ha attribuito all'opposizione la responsabilità della bagarre andata in scena alla Camera, e viceversa. Per il resto, tutti si sono detti d'accordo con l'allarme del Colle. Anche il ministro della Semplificazione, il leghista Roberto Calderoli, che definisce «utile, necessario e indispensabile» l'intervento del Capo dello Stato, con l'aggiunta che ora Gianfranco Fini deve dimettersi da presidente della Camera: «È evidente che non può tutti i giorni prendere a calci la maggioranza per il suo livore verso Silvio Berlusconi». Richiesta avanzata a più riprese da diversi esponenti della maggioranza in queste ultime settimane, con implicita sollecitazione al presidente della Repubblica perché eserciti una pressione in questa direzione.

Per ora Napolitano si è limitato a rispedire la palla nel campo delle forze politiche, in attesa di verificare se si apra effettivamente qualche segnale o spiraglio. In caso contrario, è pronto a fare la sua parte. Il problema – si ragiona al Colle – è che il tutto avviene nel bel mezzo di una serie di emergenze cui occorrerebbe far fronte con il massimo di compattezza, a partire dall'ondata migratoria e dalla guerra in Libia. Napolitano ha chiesto al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, un aggiornamento sulle iniziative in corso sull'emergenza migranti e, secondo quanto è trapelato, avrebbe anche assicurato il suo personale sostegno in sede europea alle richieste avanzate dall'Italia. Lo ha già fatto, del resto, nel corso della sua recente visita a Berlino, quando ha invitato a non cedere a «vittimismi e allarmismi»: rilanciando al tempo stesso l'esigenza di una «forte solidarietà che non è solo dell'Italia o della Germania, ma di tutti». In sostanza, la questione non può essere affrontata da un solo paese, ma «da tutta l'Unione europea».

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