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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2011 alle ore 16:14.

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Alberto Tedesco al termine dell'interrogatorio di garanzia il 18 marzo 2011 (Ansa)Alberto Tedesco al termine dell'interrogatorio di garanzia il 18 marzo 2011 (Ansa)

Il coraggio certo non gli fa difetto. «Il carcere? Mi servirà per coprire una colpevole lacuna: quella di non essere mai andato in questi 20 mesi di mandato parlamentare a visitare i detenuti. Credo che conoscere la loro vita mi potrà aiutare a vivere meglio la mia». E la vita di Alberto Tedesco, classe 1949, sangue socialista nelle vene poi mescolato a quello del Pd, arriverà domani a uno snodo cruciale. La giunta per le immunità del Senato, dove l'ex dirigente barese del Psi è approdato nel luglio 2009, dovrà infatti votare la richiesta di arresto emessa nei suoi confronti dalla procura di Bari.

La polvere delle inchieste sulla sanità pugliese
I pm sollecitano il Parlamento a mandarlo in carcere per falso, turbativa d'asta, concussione e corruzione. L'accusa? Aver favorito gli affari della sua famiglia da anni impegnata nella fornitura di protesi nella sanità pugliese. Le cui redini Tedesco ha retto dal 2005, dopo la nomina ad assessore alla salute nella giunta di Nichi Vendola, fino al febbraio 2009. Quando venne indagato dalla procura antimafia di Bari per associazione a delinquere e corruzione (insieme a una quindicina di persone tutte sospettate di presunti abusi nella distribuzione di servizi e prodotti ad alcune Asl) e rassegnò le dimissioni scatenando un terremoto nella Regione. Ma non fu quello l'epilogo della sua storia. Perché Tedesco passò presto all'incasso e lo fece forte dei rapporti che negli anni ha intessuto sul territorio: con Vendola, che lo ha cooptato nella sua giunta salvo poi rinnegarlo, ma soprattutto con il sindaco di Bari, Michele Emiliano.

Il sodalizio politico con il sindaco di Bari
Proprio all'ombra dell'ex pm il socialista cominciò a costruire dal 2007 la sua ipoteca per il futuro, anche se i loro destini si erano incrociati per la prima volta nel 2002. Quando Emiliano, ancora magistrato, si imbattè negli affari dei fratelli Tarantini, imprenditori della salute, accusati di aver influenzato i vertici delle aziende ospedaliere pugliesi nell'acquisto dei prodotti sanitari commercializzati dalle loro società e la cui fitta rete di relazioni includeva anche rapporti con la famiglia Tedesco. Ma allora il fascicolo sul futuro assessore alla Sanità venne chiuso. Emiliano compì il salto nella politica diventando sindaco di Bari e avviò un sodalizio politico con Tedesco che nel 2007 portò lui e i suoi Socialisti autonomisti a sostenere la candidatura del primo cittadino alla segreteria regionale del Pd. E, nel 2008, alla caduta del governo Prodi, Emiliano provò a sdebitarsi facendo inserire Tedesco nelle liste del Pd al Senato.

Dall'assessorato alle porte di Palazzo Madama
L'impresa, però, non riuscì. Tedesco, già indagato, fu il primo dei non eletti e incassò una nuova batosta. Qualche anno prima, infatti, aveva tentato il colpaccio in Parlamento gareggiando nel collegio di Bari alle elezioni suppletive con le insegne dell'Ulivo (dopo la morte di Giuseppe Tatarella), ma era stato sconfitto proprio dal fratello di Pinuccio, Salvatore. Insomma, Palazzo Madama gli era di nuovo sfuggito, ma Tedesco aveva altre frecce al suo arco. Così, quando il Pd (dal quale si è autosospeso qualche giorno fa) si ritrovò a mettere a punto le liste per le europee del 2009, Emiliano si fece in quattro per fare in modo che a Strasburgo venisse dirottato l'ex ministro Paolo De Castro perché la sua elezione avrebbe spalancato le porte del Senato proprio a Tedesco. In casa dei democratici scoppiò allora la guerra perché qualcuno aveva subodorato l'inghippo, ma il piano riuscì perfettamente. De Castro volò a Strasburgo e l'ex assessore guadagnò in un colpo solo il Parlamento e l'immunità.

La rottura con Vendola ed Emiliano
Le inchieste a suo carico comunque non si fermarono, ma i suoi vecchi protettori lo avevano nel frattempo abbandonato. Lo aveva fatto Vendola, finito temporaneamente nello stesso gorgo giudiziario di Tedesco, posizione, la sua, poi archiviata. «Ho letto - dirà l'ex assessore - l'interrogatorio di Vendola del marzo 2009, era mio diritto farlo e da quell'interrogatorio emerge un pregiudizio positivo nei suoi confronti e uno negativo nei miei». Parole fin troppo soft se paragonate al giudizio sprezzante pronunciato solo pochi giorni fa. «Vendola è un uomo privo di sentimenti. Con lui, sino a quando gli sono stato elettoralmente utile, ho avuto ottimi rapporti. Anche quando ero indagato. Dal giorno dopo le elezioni del 2010 mi ha accuratamente ignorato». E anche con Emiliano i toni sono ormai freddi. «È un camaleonte, un opportunista nato. Sono due facce della stessa medaglia, ti blandiscono e poi ti scaricano quando non gli servi più». Ma Tedesco non teme nessuno. Nemmeno le sbarre. «Quando il provvedimento giungerà in aula inviterò l'assemblea ad autorizzare il carcere», ha annunciato in una recente intervista. E intanto continua a ripetere un aforisma di Pietro Nenni, uno dei suoi riferimenti. «La politica non si fa con i sentimenti e i risentimenti». Domani il Pd, spaccato come non mai su questo voto, dovrà provare a non farlo.

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