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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2011 alle ore 13:13.

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Changyong Rhee, chief economist di Asian Development Bank (Afp)Changyong Rhee, chief economist di Asian Development Bank (Afp)

Dal 1966 la missione dell'Asian Development Bank è ridurre la povertà e migliorare la qualità della vita nei suoi Paesi membri: e oggi il primo nemico delle economie asiatiche è l'inflazione. Studiando le prospettive della regione per il 2011, l'Outlook Adb presentato oggi lancia l'allarme. Un rialzo del 10% nei prezzi dei generi alimentari, secondo stime recenti, aumenta il numero dei poveri di 64 milioni di persone nell'Asia in via di sviluppo. E qui, spiega da Hong Kong il chief economist di Adb Changyong Rhee, «abitano due terzi dei poveri del mondo, i più vulnerabili agli effetti degli aumenti dei prezzi».

Le economie che hanno aiutato l'Occidente a uscire dalla crisi del 2008-2009 marceranno ancora spedite, dietro la guida dei due giganti India e Cina: l'Asian Development Bank prevede una crescita 2011 del 7,8% nell'area, 7,7% il prossimo anno. In frenata dopo il 9% del 2010, ma per alcuni Paesi il rischio di surriscaldamento resta. E un'inflazione elevata - scrive il rapporto - è una minaccia diretta a una crescita stabile ed equa, «dal momento che l'aumento dei prezzi può generare tensioni sociali».

È quanto più temono le autorità cinesi, che martedì hanno azionato un nuovo freno sui prezzi aumentando i tassi di interesse per la quarta volta in meno di sei mesi. Stessa strada seguita dall'India, otto interventi di politica monetaria dal marzo del 2010. Secondo gli esperti dell'Asian Development Bank, è una strada da proseguire, utilizzando però anche altri strumenti per raffreddare la corsa dei prezzi: su questi incombe la crisi nordafricana e mediorientale, un fuoco che alimenterà chissà fino a quando il costo dell'energia. «Gestire l'inflazione non è semplice», chiarisce il presidente di Adb, Haruhiko Kuroda, nella presentazione dell'Outlook che fissa le sue stime sui prezzi al consumo per quest'anno al 5,3%, in aumento dal 4,4% del 2010.

Il mix di rimedi proposto per domarla, tassi di cambio più flessibili e controlli sui capitali in aggiunta agli interventi sul costo del denaro, va adattato alle singole economie. Ma è chiaro il riferimento alla Cina e al suo yuan quando l'Asian Development Bank invoca un migliore bilanciamento tra il valore della valuta nazionale e i fondamentali che sorreggono l'economia. Uno yuan più forte, ripetono gli economisti, contribuirebbe alla lotta di Pechino contro l'inflazione riducendo il costo delle merci importate.

Poiché il rapporto dell'Outlook Adb si basa su dati raccolti fino al 16 marzo scorso, è troppo presto per poter quantificare con precisione l'impatto negativo sul Giappone e sulle economie vicine della tragedia dell'11 marzo. Nei prossimi due trimestri la crescita giapponese ne risentirà pesantemente, l'Adb prevede per quest'anno un aumento del Pil dell'1,5%: «Nel lungo termine, tuttavia, le prospettive economiche saranno meno severe, e l'impatto sulle altre regioni sarà contenuto», ha detto Changyong Rhee.

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