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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2011 alle ore 06:38.

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BENGASI. Dal nostro inviato
La petroliera liberiana Equatore è attraccata al porto di Tobruk per esportare il primo milione di barili di petrolio dell'Arabian Gulf Oil Company, l'Agco. Con la vendita il Governo provvisorio di Bengasi incasserà oltre 120 milioni di dollari: da chi è difficile dirlo, anche se il Qatar, l'Emirato del gas e di Al-Jazeera, nei giorni scorsi ha dichiarato di essere disposto a commercializzare l'oro nero dei ribelli.
La Gulf Oil, Khalij in arabo, è stata una dei protagonisti della liberazione della Cirenaica che possiede l'80 delle riserve di oro nero di tutta la Libia. L'atto più eroico della rivolta contro Gheddafi è venuto proprio da un manager della compagnia, Mahdi Ziu, che si è fatto saltare in aria lanciandosi in auto contro la Katiba, la caserma dei miliziani che stavano massacrando a raffiche di mitragliatrice i civili di Bengasi. «Mahdi lo conoscevo bene, era una persona tranquilla, mai avrei immaginato che potesse fare un gesto così straordinario: ma non dimentichiamo che altri due ingegneri della società, Ronsegh Ahmeida e Rafallah Hassadi, sono stati uccisi dai cecchini», dice Ali El-Mehadawi, direttore del reparto di prospezioni geologiche, in posa sotto i ritratti dei colleghi «martiri del petrolio».
La mattina del 20 febbraio, dopo tre giorni di violenti scontri tra ribelli e miliziani, Mahdi Ziu decise di farla finita con gli uomini del Colonnello. La sua abitazione, vicino alla sede alla Gulf Oil, è a 400 metri dalla Katiba, il fortino dei gheddafiani. Ali al-Mehadawi racconta: «Quella mattina trovai un foglio sotto la porta di casa: era il testamento di Mahdi. Poco dopo sentii dei rumori in cortile: Ziu trascinava sull'auto delle bombole del gas mentre sua figlia lo guardava dalla finestra, poi ho saputo da suo fratello Salem che aveva preparato dell'esplosivo come detonatore, lo stesso che usano i pescatori».
Alle due del pomeriggio Mahdi Ziu accese il motore e si avviò verso la Katiba mentre ribelli e i miliziani si scambiavano raffiche dai tetti. Le guardie sulla torretta reagirono troppo tardi, a tutta velocità l'auto di Ziu esplose con una vampata contro il cancello abbattendo il muro di cinta: fu così che venne sbriciolato il fortino della Katiba, il carcere dove si torturavano da decenni gli oppositori.
Le lamiere accartocciate dell'auto di Mahdi sono ancora lì, davanti alle rovine, con grandi scritte che inneggiano all'eroe della rivolta e le foto del martire incollate allo chassis. «Amava leggere, navigare in internet, era una buon padre», mormora Zuhour la figlia ventenne. «Il giorno prima aveva visto cadere fulminato uno degli shebab, abbattuto nella piazza della Katiba. «Basta - disse - è tempo di andare a combattere contro Gheddafi: non possiamo restare a guardare, siamo tutti coinvolti».

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