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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 06:36.

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L'avventura di Cesare Geronzi alle Generali è durata meno di un anno. Il banchiere romano, insediato il 25 aprile 2010 al termine dell'assemblea annuale degli azionisti, si è dimesso ieri dalla carica prima della riunione del consiglio straordinario della compagnia dove l'aspettava una dichiarazione di sfiducia sottoscritta da 12 consiglieri con l'eccezione, a quanto risulta, di Francesco Gaetano Caltagirone, Paolo Scaroni e Alessandro Pedersoli. Geronzi si è dimesso dal board, da tutti gli incarichi che occupava per la compagnia, compresi i patti di sindacato in Rcs, Mediobanca e Pirelli. È rimasto però a presiedere la fondazione Generali.
La decisione di abbandonare l'incarico - ha spiegato lo stesso ex-presidente in una lettera ripresa nella nota del gruppo – è stata presa «a seguito della situazione venutasi a creare per contrasti che non lo vedono partecipe nelle Generali, dopo pacata riflessione, nel superiore interesse della compagnia». Il consiglio - ha precisato la nota - ne ha preso atto «con rammarico» apprezzando il gesto «che mira a incidere favorevolmente sul clima aziendale». Fin qui la verità ufficiale. Quella ufficiosa è più ruvida.
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, alla clamorosa decisione della sfiducia si è giunti martedì in un crescendo di opzioni. Ufficialmente la riunione del cda era stata convocata per decidere in merito alle deleghe sulla comunicazione affidate a Geronzi (l'esercizio delle quali ha sollevato molte polemiche), sui recenti comportamenti di alcuni amministratori (con riferimento alle esternazioni del vice presidente Vincent Bolloré). Oltrechè sull'ultima lettera ricevuta dall'Isvap a commento dei chiarimenti forniti dal gruppo nei mesi scorsi. La gran parte dei consiglieri ha maturato negli ultimi giorni il convincimento che, al punto cui era giunta la polemica al vertice, occorreva un chiarimento definitivo. Non sarebbe stato utile, per ricostituire un clima sereno, neppure quella sorta di sfiducia a metà rappresentata dal togliere a Geronzi le deleghe in tema di comunicazione e rapporti istituzionali. Si correva il rischio, tra l'altro, di arrivare ad una pirotecnica assemblea annuale degli azionisti già convocata per fine mese.
E dunque ieri mattina, nella sede romana delle Generali, Albero Nagel (Ad di Mediobanca, il maggiore azionista del Leone), Francesco Caltagirone - come vicario esercita da ieri le funzioni di presidente - e Lorenzo Pelliccioli avrebbero preso l'iniziativa di informare Geronzi che in consiglio l'attendeva la sfiducia. Non è chiaro se un vero testo è stato scritto ma la sostanza non cambia. Le dimissioni venivano richieste per riportare la serenità nel board e ricostituire un rapporto di fiducia con i mercati. A quel punto Geronzi si è convinto a anticipare gli eventi.

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