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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 16:46.

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iaggio tra i ragazzi tunisini che a Ventimiglia passano la frontieraiaggio tra i ragazzi tunisini che a Ventimiglia passano la frontiera

Arrivano da Kasserine, da Sousse, da Gabes. Vogliono informazioni. Molti di loro stanno aspettando il permesso temporaneo di sei mesi. Mountassar, un ragazzo di 19 anni, viene proprio da Kasserine, la città dei martiri, dove nella rivoluzione sono morti 70 giovani sotto il fuoco della Guardia Nazionale di Ben Alì. Mostra un documento che gli ha rilasciato la Questura di Ventimiglia. C'è scritto che il 24 aprile potrà passare a ritirare il permesso di soggiorno temporaneo. «Ma quando avrò questo documento, finalmente sarò libero di arrivare in Francia, vero?», domanda, e si fa portavoce della identica perplessità che hanno tutti i ragazzi tunisini qui a Vantimiglia.

Sembra assurdo, ai più, che un permesso valido in Italia non sia poi riconosciuto nel resto d'Europa. Non si danno pace. Cercano di capire. Poi dei volontari fuori dalla stazione iniziano a distribuire il caffè, la voce circola nell'androne e molti emergono dai loro improvvisati giacigli per andare guardare fuori e scaldarsi un po'. Mohamed, 29 anni, invece, resta seduto. Ha in mano un decreto di espulsione dall'Italia.

Cinque giorni fa l'hanno fermato oltreconfine, a Mentone e l'hanno portato al Centro per migranti di Nizza, dove è rimasto tre giorni. Poi la polizia francese l'ha consegnato alle autorità italiane. In Questura si sono accorti che Mohammed era già stato espulso dall'Italia nel 2008. E dunque, subito è riscattato un altro, nuovo, decreto di espulsione. «Ma non mi do per vinto. Aspetto mio cugino dalla Francia. Mi caricherà in macchina e arriverò a Parigi di nascosto. Sono un ragazzo, voglio lavorare, mi piacce divertirmi un po'. Perché vogliono fermarmi?». Abdel, un diciannovenne che gli tiene compagnia, intanto chiede in giro qualche soldo "Non so come continuare il mio viaggio. Mi bastano anche cinque euro, per mangiare" e poi quasi piange di vergogna. «Non so come fare, non ho più nulla, non posso andare né avanti né indietro», sospira.

Passa la notte. La mattina la stazione brulica di partenze. Lavoratori, studenti, pendolari. I ragazzi tunisini dormono avvolti nelle coperte, sotto lo sguardo di tutti. Qualcuno non è riuscito a chiudere occhio, e fa avanti e indietro, sull'ingresso della stazione. Come Kadim, che alle sette del nuovo giorno ha già deciso: «Oggi riprovo ad andare in Francia. Se in treno non ci si riesce, allora vado a piedi».

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